The answer, my friend, is blowin' in the wind
Nel prossimo numero di marzo di Scientific American ci sarà un riassunto dello stato dell'arte delle rinnovabili. Niente di nuovo, ma da leggere comunque, non fosse altro per le solite, meravigliose, illustrazioni. Di notevole, invece, ci sono i link a fine articolo. Da segnalare anzitutto questo progetto del Dipartimento per l'Energia, che porterà l'eolico a produrre il 20% dell'energia USA nel 2030.
L'obiettivo dovrebbe essere conseguito con una riduzione del fabbisogno di carbone, tenendo un po' di gas pronto da backup per supplire all'inevitabile incostanza del vento. Proprio l'intermittenza del vento è la sfida più grande: per avere un minimo di stabilità è necessario creare reti grandi di centrali; in questo modo la probabilità che il vento non soffi mai in nessun luogo è abbastanza piccola da garantire un minimo di baseload capacity. Si tratta di una sfida tutt'altro che banale: nella cartina qui sotto le linee elettriche da costruire sono quelle rosse, da affiancare alle blu già esistenti.
Insomma la rivoluzione energetica, nella realtà, somiglia più ad un passaggio graduale di consegne, con le vecchie tecnologie ad affiancare le nuove. Simbolo di questa tendenza è la centrale ibrida in costruzione vicino Los Angeles. In effetti, con 520 MW di gas e 50 MW di solare, viene quasi da pensare che i pannelli solari siano lì più con una funzione coreografica che altro. Davvero la possibilità di usare il solare su larga scala sembra ancora lontana, parafrasando Bob Dylan "the answer, my friend, is blowin' in the wind".
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