Apple e Borges

giovedì 20 settembre 2012 Posted by tfrab 0 comments
Lo svarione di Apple sulle nuove mappe mi ha fatto tornare in mente un celebre passo di JL Borges:

"In quell'Impero, l'Arte della Cartografia raggiunse tale Perfezione che la mappa di una sola Provincia occupava un'intera Città, e la mappa dell'Impero un'intera Provincia. Col tempo, queste Mappe Smisurate non soddisfecero più e i Collegi dei Cartografi crearono una Mappa dell'Impero che aveva la grandezza stessa dell'Impero e con esso coincideva esattamente. Meno Dedite allo Studio della Cartografia, le Generazioni Successive capirono che quella immensa Mappa era Inutile e non senza Empietà l'abbandonarono alle Inclemenze del Sole e degli Inverni. Nei deserti dell'Ovest restano ancora lacere Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendicanti; nell'intero Paese non vi sono altre reliquie delle Discipline Geografiche."

Chissà come se la ride da lassù :-)




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Il labirinto e il deserto

venerdì 31 agosto 2012 Posted by tfrab 0 comments
"E cos'è che impararono gli allievi di Amalfitano? Impararono a recitare a voce alta. Mandarono a memoria le due o tre poesie che più amavano per ricordarle e recitarle nei momenti opportuni: funerali, nozze, solitudini. Capirono che un libro era un labirinto e un deserto. Che la cosa più importante del mondo era leggere e viaggiare  forse la stessa cosa, senza fermarsi mai. Che una volta letti gli scrittori uscivano dall'anima delle pietre, che era dove vivevano da morti, e si stabilivano nell'anima dei lettori, come in una prigione morbida, ma che poi questa prigione si allargava o scoppiava. Che ogni sistema di scrittura è un tradimento. Che la vera poesia vive tra l'abisso e la sventura e che vicino a casa sua passa la strada maestra dei gesti gratuiti, dell'eleganza degli occhi e della sorte di Marcabruno, Che il principale insegnamento della letteratura era il coraggio, un coraggio strano, come un pozzo di pietra in mezzo a un paesaggio lacustre, un coraggio simile a un vortice e a uno specchio. Che leggere non era più comodo che scrivere. Che leggendo si imparava a dubitare e a ricordare. Che la memoria era l'amore."

(R Bolaño - I dispiaceri del vero poliziotto)
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Una cosa terribile

sabato 19 maggio 2012 Posted by tfrab 0 comments
"allora nessuno sapeva che sarebbe accaduta una cosa tanto terribile. Forse la frase più importante che la storia insegni agli uomini è «A quel tempo nessuno sapeva ciò che sarebbe accaduto»"
(Haruki Murakami - 1Q84)
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Scherzi da prete

sabato 28 aprile 2012 Posted by tfrab 0 comments
Storia del Partito del progresso moderato nei limiti della legge, di Jaroslav Hasek
"«Amici, ve lo posso dire in tutta confidenza, Pelant puzzava terribilmente».
        «Ah», esclamammo tutti. «Così allora era vero quello che ha scritto «Il Ceco», che Pelant nella chiesa della Santa Madre di Dio a Týn ha buttato in terra delle palline puzzolenti». Dello stesso parere era anche la polizia. E chi ancora aveva veduto Pelant passeggiare per Piazza della Città Vecchia all'ora in cui la chiesa è più affollata per la benedizione? L'investigatore Špaček. Spinto dall'istinto, dal semplice istinto di abile investigatore, aveva seguito Pelant, aveva risucchiato un po' d'aria nelle narici e aveva notato che Pelant mandava cattivo odore. Si fece ancora più vicino a Pelant, e per convincersi meglio da che tasca venisse quel puzzo estrasse una sigaretta, la portò alle labbra, fermò Pelant e disse: «Scusate, signore, non avete per caso dei fiammiferi?».
        «Mi dispiace», disse Pelant, «io non fumo».
        «Così», disse l'investigatore, «voi dunque non fumate. Bene. Allora io vi arresto in nome della legge. Venite con me».
        «Ma permettete, permettete», gridava Pelant, «questo è possibile solo in Austria! Arrestare qualcuno perché non fuma! Questo documenta meravigliosamente il burocratismo del governo. Vengo con voi, non temete!».
        «Ma io non vi arresto mica perché non fumate, ma perché puzzate, Pelant».
        «Ma permettete, cittadino», esclamò Pelant indignato, «arrestare qualcuno perché puzza? Ma io non puzzo! Se fossi arrestato perché non fumo, non mi meraviglierei poi tanto, perché si direbbe: è cittadino austriaco e non sostiene lo stato. Ma se puzzo?».
        «C'è puzzo e puzzo. Voi puzzate in modo pericoloso».
        «Be', qui divento pazzo», esclamò Pelant. «Che si possa puzzare in modo pericoloso, non l'ho ancora visto».
        «Ma io lo sento», fece l'investigatore.
        Così conversando, giunsero alla direzione di polizia, dove al quarto dipartimento gli fecero l'interrogatorio. Prima di tutto fu annusato. Un funzionario anziano di polizia annusò Pelant dal basso in alto, da davanti e da dietro, e disse con aria competente: «Solfuro di carbone puro».
        «Adesso vi perquisiremo le tasche».
        E l'investigatore Špaček introdusse la mano nell'ampia tasca del cappotto di Pelant e ne ritirò un pacchettino allungato, accuratamente incartato in fogli dell'ultimo numero del «Libero pensiero».
        «Eh, vedete», disse il commissario, «che abbiamo finito per trovarvele. Be', è vero che non avete negato».
        E mentre diceva così, davanti all'intero corpo di polizia si srotolò dalla carta una fila di caciottine di Olomouc, morbide, azzurrine, ben stagionate, che il distratto Pelant portava in tasca già da due giorni.
        «Le mie caciottine!» esclamò gioiosamente Pelant.
        Così gliele incartarono di nuovo e lo rimandarono a casa con un energico invito a lasciar perdere un'altra volta questi scherzi da prete."
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Tragico greco e tragico cristiano

domenica 8 aprile 2012 Posted by tfrab 2 comments
Il tragico greco prospetta il nesso di colpa e destino come qualcosa di necessario, di fatale. Potremmo dire, la colpa è il destino di tutti, il destino di tutti è di espiare con la morte la colpa di essere nati. Da questo punto di vista il soggetto resta all'interno di un orizzonte in cui il finito viene (con la morte) semplicemente annullato nell'infinito. Nel tragico greco la misura è tutto. Nessuna finitezza della redenzione, del male, della morte. Invece il tragico cristiano è basato sulla dismisura: quella che c'è non solo fra finito ed infinito, ma fra colpa e redenzione. Redimere la colpa non significa semplicemente rimettere le cose a posto, ripristinare l'ordine perturbato, chiudere il cerchio. Al contrario, si tratta di un atto di libertà: sia da parte di Dio, sia da parte dell'uomo. In realtà c'è asimmetria tra il gesto compiuto da Dio e il gesto compiuto dall'uomo - altrimenti Dio sarebbe, come in Grecia, la necessità dell'essere e non, come nel cristianesimo, la libertà dell'essere, e anzi dall'essere. Eppure c'è anche simmetria, c'è corrispondenza tra uomo e Dio. La più alta tragedia su cui Kierkegaard invita a riflettere è non solo quella di Dio che si fa uomo, assumendone il destino di morte e prendendo su di sé tutto il male del mondo fino a espiare il debito che l'umano ha con il divino, ma anche quella dell'uomo che si fa Dio, e da creatura assoggettata al destino qual'è, diventa a suo modo creatore, almeno nel senso che per lui il destino cessa di essere un gravame, una soma da portare e di cui liberarsi morendo, ma diventa, benché imposto da un decreto misterioso ex alto, la cosa più propria, quella di cui bisogna farsi carico totalmente, quella su cui si basa il principio di responsabilità.

Se nel mondo greco la colpa è il destino, con il cristianesimo la colpa diventa la responsabilità per il destino. [...] Destino è nient'altro che il mondo. E responsabile del mondo è l'uomo, ogni singolo uomo. Perciò il cristianesimo osa affermare che a ciascuno sarà chiesto di render conto delle proprie azioni: addirittura in una luce d'eternità, dove il finito sta realmente di fronte all'infinito, come si intravede in quella figura d'una espiazione senza fine che è la possibilità dell'inferno. Qui il tragico cristiano dice la sua parola più dura. E da nessuna parte come qui la follia cristiana umilia la sapienza greca. L'impensabile si è fatto pensabile.

(S Givone - Filosofia ed esperienza religiosa - Il cortile dei gentili)

La grandezza di Napoleone

sabato 24 marzo 2012 Posted by tfrab 2 comments
"La grandezza di Napoleone consiste nell'esser stato, con una consapevolezza difficile da giudicare, il rappresentante perfetto dell'idea romantica di eroe, in lotta costante contro forze che gli sono superiori e che alla fine della vicenda lo abbattono inesorabilmente[...]Non sono i vincitori ad essere amati, ma gli sconfitti che hanno lottato con tutte le forze in un confronto dal quale non potevano che uscire soccombenti. Così facendo si sono rivelati nella loro più profonda dimensione umana, quella del limite, del non poter raggiungere la completezza, la perfezione. Di doversi confrontare in ogni caso con la morte, definita da Margherita d'Asburgo, zia dell'imperatore Carlo V, come «l'ultimo dono di Dio»" 

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Proust e Pascal

domenica 8 gennaio 2012 Posted by tfrab 0 comments
"Può sembrare paradossale che io colleghi ai pensieri di Pascal la Ricerca, i cui volumi sono interamente dedicati all'analisi dei sensi, e contengono migliaia di pagine scritte da un uomo che aveva il culto dei piaceri temporanei e terreni, che sapeva godere di tutto in maniera appassionata, raffinata e consapevole al tempo stesso, fino al limite estremo del possibile[...] si è assai spesso sottolineato quanto la sua opera sia priva di ogni ricerca dell'assoluto, che in migliaia e migliaia di pagine la parola "Dio" non è nominata una sola volta. E nonostante ciò, e forse proprio per questo, una simile apoteosi di tutte le gioie passeggere della vita ci lascia in bocca un "pascaliano" gusto di cenere. Non è in nome di Dio, o in nome della religione, che il protagonista della Ricerca abbandona tutto, eppure anche lui è colpito da una rivelazione fulminante; anche lui si seppellisce vivo-morto nella sua stanza di sughero (confondo volontariamente il destino del protagonista con quello di Proust, perché in questo sono una cosa sola) per servire fino alla morte ciò che per lui rappresentava l'assoluto, la sua creazione artistica. E anche gli ultimi due volumi (Il tempo ritrovato) sono intessuti di lacrime di gioia, anch'essi sono l'inno di trionfo dell'uomo che ha venduto tutti i suoi beni per acquistare una sola perla preziosa e che ha soppesato tutto l'effimero, tutte le pene e tutta la vanità dei piaceri mondani, della giovinezza, della fama, dell'erotismo, in confronto alla gioia del creatore, di quest'essere che costruendo ogni frase, imbastendo e reimbastendo ogni pagina, è alla ricerca dell'assoluto che non raggiunge mai interamente e che d'altronde è impossibile raggiungere."

(Joseph Czapski - La morte indifferente)
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