Belief in God in an Age of Science

domenica 27 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

“The world is not full of items stamped “made by God” – the creator is more subtle than that – but there are two locations where general ints of his presence might be expected to be seen more clearly. One is the vast cosmos itself, with its fifteen-billion-year history of evolving development following the big bang. The other is the “thinking reed” of humanity, so insignificant in scale but, as Pascal said, superior to all the stars because it alone knows them and itself.[…]The distinguished theoretical physicist Paul Dirac, who was not a conventionally religious man, was once asked what was his fundamental belief. He strode to a blackboard and wrote that the laws of nature should be expressed in beautiful equations. It was a fitting affirmation by one whose fundamental discoveries had all come from his dedicated pursuit of mathematical beauty. This use of abstract mathematics as a technique of physical discovery points to a very deep fact about the nature of the universe that we inhabit, and to the remarkable conformity of human minds to its patterning. We live in a world whose physical fabric is endowed with transparent rational beauty”.

(John Polkinghorne - Belief in God in an Age of Science)

GazProm – S Grazioli

sabato 26 dicembre 2009 Posted by tfrab 2 comments

gazprom book Mentre girovagavo sul blog di Zamax il buon Pietro mi ha segnalato l’ultimo libro di Stefano Grazioli, GazProm. Un primo aspetto interessante è la possibilità di acquistare il libro presso lulu.com, scaricando il file PDF e trasferendolo sul proprio lettore di ebook. Procedura semplice, veloce, e libera dall’impiccio del DRM. Sarebbe bello farlo con tutti i libri, ma per ora il mercato non sembra orientato in quella direzione, anzi.

Il libro è interessante, e piuttosto veloce da leggere. L’argomento è lo stato dell’ex-impero sovietico, con l’attenzione puntata sulla Russia, che è il principale erede dell’URSS, e la zona centro-asiatica, punteggiata di tutti quei paesi col nome che finisce in “stan”. Confesso che la mia ignoranza, prima di leggere il libro, mi comportava una certa difficoltà a distinguerli (a parte il paese natale di Borat, s’intende…). L’attenzione su questo nugolo di stati deriva dal sommarsi di tensioni internazionali e interessi sempre più grandi nell’area da parte delle principali potenze mondiali. Petrolio, gas, estremisti islamici, possibili conflitti tra potenze nucleari: ce n’è abbastanza per parlare di New Great Game, in ricordo dell’originale, ottocentesco, Great Game. La situazione attuale vede una serie di repubbliche governate in maniera autoritaria dai resti del vecchio apparato sovietico. Situazione che l’Occidente a parole depreca, nei fatti incoraggia o almeno tollera. Del resto i timidi tentativi di riforma dell’era post-sovietica sono andati a finire piuttosto male, e le altre potenze, Cina in primis, sono molto più pragmatiche nelle relazioni internazionali (ndFAU: che l’idealismo euroamericano sia una specie di fardello quando si tratta di competere con la Cina si intravede anche in Africa, vedi ad es. Cinafrica).

In Russia, invece, le cose vanno in maniera diversa. Nonostante Putin e i suoi non godano di buona stampa qui in Europa, Grazioli ha un giudizio sostanzialmente positivo su quanto accade tra Mosca e San Pietroburgo. Senza nascondere le difficoltà per un paese che ha vissuto prima l’oppressione zarista e poi il fallimentare esperimento del socialismo reale, ad un osservatore più attento la Russia appare ormai ben avviata sulla strada della modernizzazione e dell’integrazione con l’Europa. Come riportato nel libro:

“La Russia non è dunque una democrazia. E non è neppure una dittatura. È un Paese in transizione che si sta trasformando cercando il sistema migliore per affrontare le sfide del futuro considerando le proprie caratteristiche. In primo luogo quella di essere per estensione la nazione più vasta del mondo, in secondo quella di avere una storia alle spalle diversa da quella delle democrazie occidentali e degli imperi d’oriente. Il cammino intrapreso dal Cremlino dopo l’anarchia eltsiniana è quello verso la cosiddetta “democrazia sovrana”, formula un po’ criptica usata per delineare il modello cui Mosca oggi si orienta. L’ideatore è Vladislav Surkov, vicecapo dell’amministrazione presidenziale sotto Putin e sotto Medvedev, l’eminenza grigia devota alla strutturazione dell’ideologia sulla quale si fonda il nuovo sistema russo”.

La situazione russa è molto delicata: da un lato il paese deve rinsaldare la sua precaria posizione geopolitica, minata gravemente dai territori persi dopo la dissoluzione dell’URSS. Dall’altro deve evitare di spaventare l’Europa, suo partner ideale. L’Europa stessa avrebbe interesse a riavvicinarsi a Mosca, la Germania ad esempio lo sta già facendo, ma non può spingersi troppo in là, altrimenti l’alleato americano potrebbe trovare diversi modi di fargliela pagare*.

Probabile che l’evoluzione sarà molto lenta, ed influenzata da quello che accade nel resto del pianeta. Il futuro però sembra sempre più “multipolare”, in contrapposizione all’egemonia americana del recente passato. Come sarà questo mondo? Difficile dirlo. A sentire Evgeni Primakov ci sarebbe da essere ottimisti:

“La sua caratteristica principale [cioè dello scenario multipolare] consiste nello sviluppo di aree di interesse comune, come la lotta al terrorismo internazionale, l’appianamento dei conflitti locali, pianificazione di provvedimenti comuni atti a ostacolare la proliferazione di armi di distruzione di massa e infine l’impegno a proteggere l’ambiente. In ultima analisi lo sviluppo di tali processi conduce all’insediamento di centri di potere locale. Questo influisce sulla configurazione delle relazioni internazionali, quindi anche sul processo di globalizzazione, caratterizzato da un forte progresso tecnico e tecnologico, dall’interdipendenza in campo finanziario e dalla grande diffusione di forme di produzione multinazionale… In uno scenario di questo tipo l’integrazione della Russia, così come della Cina, all’interno dell’economia mondiale procede senza difficoltà, senza ostacoli posti da forze interne o esterne. Cina, Gran Bretagna e Francia si uniscono a Russia e Stati Uniti nella riduzione delle armi strategiche. L’Onu riprende fiato: in campo internazionale si ricorre a operazioni militari quando necessario solo dopo una risoluzione del Consiglio di sicurezza… L’indivisibilità del mondo permette di iniziare a operare concretamente per la soluzione dei problemi riguardanti le regioni più povere”.

Un discorso forse dettato dalla necessità di fare un po’ di propaganda alla causa russa. Il New Great Game è appena iniziato, ed è impossibile prevedere come andrà a finire. Andrea Gilli ammonisce spesso che “solo i morti hanno visto la fine delle guerre”, e millenni di Storia gli danno, ahimè, ragione.

 

* se c’è qualcosa di vagamente sensato in questo paragrafo sappiate che non è farina del mio sacco, ma di Gilli, con il quale ho avuto una breve e piacevole chiaccherata su facebook. Le cazzate, modestamente, sono tutte mie :-)

Buon Natale

giovedì 24 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments
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Asce di Guerra - Wu Ming

mercoledì 23 dicembre 2009 Posted by tfrab 2 comments

"Certi uomini sono quello che i tempi richiedono. Si battono, a volte muoiono, per cose che prima di tutto riguardano loro stessi. Compiono scelte che il senno degli altri e il senno di poi stringono nella morsa tra diffamazione ed epica di stato. Scelte estreme, fatte a volte senza un chiaro perché, per il senso dell'ingiustizia provata sulla pelle, per elementare e sacrosanta volontà di riscatto.
La retorica degli alzabandiera e la mitologia istituzionale offrono una versione postuma e lineare della storia. Ma la linearità e l'agiografia non servono a capire le cose. Le frasi fatte e le formule ripetute dai palchi, come dai pulpiti, coprono la rabbia, lo sporco e la dinamite, consegnando al presente quello che chiede. Scavare nel cuore oscuro di vicende dimenticate o mai raccontate è un oltraggio al presente. Un atto spregiudicato e volontario. Le storie non sono che asce di guerra da disseppellire."

L’inizio è un filo retorico, ma Wu Ming scrive bene, e glielo si può perdonare. Asce di guerra è un libro nato dall’incontro del gruppo di scrittori con Vitaliano Ravagli. Partigiano comunista, incapace di adattarsi ai compromessi dell’Italia del dopoguerra, Vitaliano ha scelto la strada più difficile, andando a combattere in Indocina contro i colonizzatori che all’epoca stavano battendo in ritirata. La sua storia, romanzata, è la base di una delle trame principali, di sicuro quella meglio riuscita. Il punto di vista “dal basso” del protagonista si alterna con la storia, e la politica internazionale, di quegli anni. A fare da filo conduttore è l’indagine di un giovane avvocato, che cerca di ricostruire gli eventi, muovendosi attraverso la società italiana contemporanea.

Che rimane finito il libro? Anzitutto l’impressione che in Italia di gente che scrive meglio di Wu Ming ce ne sia davvero poca. “Scavare nel cuore oscuro di vicende dimenticate” è un obiettivo raggiunto pienamente: il giro con Vitaliano attraverso i “sentieri dell’odio” è appassionante, ed è facile immedesimarsi con la rabbia nata dalle ingiustizie e gli orrori subiti. Eppure, se è immediato simpatizzare con i partigiani descritti del libro, e con la loro sete di giustizia, mi pare ci sia una grossa omissione nel racconto. Il mondo contro cui Ravagli e i suoi hanno combattuto è stato responsabile di molti orrori, ed è probabile che anch’io mi sarei battuto contro fascisti e nazisti. Ma l’alternativa che i comunisti avevano in mente, negli anni a venire, non si è dimostrata molto meglio, e queste considerazioni sono assenti, fatta eccezione per una breve postilla a fine libro. Non è necessariamente un grande difetto: l’intento del libro è raccontare la storia volutamente da una parte, cercando di scavalcare “le frasi fatte e le formule ripetute dai palchi”. E su questo non si può che applaudire il risultato.

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Scusate il disagio

venerdì 18 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Haloscan mi ha lasciato a piedi. Ha detto che gli devo dieci dollaroni l’anno oppure niente commenti. Tirchio come sono ho detto di no, e mi sono ritrovato con un mesto file XML e tanti saluti. Per ora i commenti ai singoli post non ci sono più ci sono, ma spariranno presto, nell’attesa che qualcuno trovi il sistema per rimetterli dove stavano, oppure Blogger graziosamente provveda.

UPDATE (23.XII.09) commenti spariti, in attesa che DISQUS si decida a funzionare. Sto facendo anche qualche esperimento col template del blog, non vi spaventate :-)

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Secondo Sky quanti erano i fratelli Marx?

venerdì 11 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Capito per caso su “Good Morning Vietnam”, trasmesso stasera da SKY. Metto la lingua inglese, per godermi Robin Williams non doppiato, e siccome non sono proprio madrelingua aggiungo i sottotitoli a mo’ di stampella. Sono abituato che i sottotitoli non siano precisissimi, ma a tutto c’è un limite.

Se un ufficiale perplesso paragona il DJ che sta ascoltando a Zeppo Marx (che dei famosi fratelli era quello meno noto e quasi subito sparito dalle scene) che bisogno c’è di tradurlo come Karl? Che senso ha? E vi assicuro che in pochi minuti di film almeno la metà dei sottotitoli erano “libere interpretazioni” del testo originale. Ma a SKY qualcuno controlla che sottotitoli gli vendono? La prossima volta gli conviene scaricarseli da opensubtitles.org: vengono via gratis e li fanno meglio…

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Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained – S Kuper e S Szymanski

Posted by tfrab 2 comments

Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained

 “Cultures are not eternal and unalterable. when they have an incentive to change they can change”

Una frase che si può sicuramente sottoscrivere, con buona pace dei tanti che non si rassegnano ai grandi cambiamenti dei nostri tempi. Qual è però il grande incentivo a cambiare? In questo caso Il football, probabilmente lo sport più popolare del momento. Portato in giro per il mondo dagli inglesi, il secolo scorso, e dalla recente ondata di globalizzazione, l’impatto sulle nostre vite di questo gioco è stato incalcolabile.

Kuper e Szymanski, però, da bravi economisti, hanno deciso che due conti bisognava farli e hanno tirato fuori un libro delizioso: Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained. Il gioco del calcio, visto così, è decisamente più interessante di quanto ce lo racconti la stampa italiana. Le squadre di calcio non sono affatto un business, ma piuttosto somigliano a delle associazioni culturali o benefiche. I presidenti sono i moderni mecenati, e le loro società sono, per certi aspetti, l’equivalente moderno delle cattedrali medievali. Del resto le varie competizioni più che portare soldi e lavoro portano un bene più prezioso, e meno tangibile: la felicità.

I dati, infatti, parlano di una marcata riduzione dei suicidi in corrispondenza di europei e coppe del mondo. Il calcio crea socialità, aggregando anche le categorie storicamente meno interessate, ad esempio le donne. In effetti ripercorrendo l’albo d’oro della Coppa Campioni rivediamo la storia d’Europa. Dal Real Madrid, veicolo di propaganda della dittatura franchista, arriviamo alle città densamente industrializzate, come Monaco, Torino, Milano o Manchester. Proprio lì sono nati club più importanti, dando radici in luoghi così stranieri ai tanti immigrati. Dopo il periodo dell’economia europea frammentata e poco aperta ai mercati, che generava delle piccole isole “autarchiche” come Gladbach o Nottingham, il futuro è probabilmente delle grandi capitali. Oggi Londra, con Arsenal e Chelsea, domani Instanbul, Parigi e, se il paese non collasserà prima, anche Mosca.

Si chiude con un giro fuori dall’Europa, accompagnati dal giramondo Gus Hiddink. Vediamo la Corea del Sud affacciarsi sulla ribalta internazionale, e scopriamo il difficile momento di transizione di Iraq e Sud Africa. Per i “Leoni della Mesopotamia”, se il paese sopravviverà alle attuali difficoltà, c’è un futuro da possibile grande potenza calcistica. Per i Bafana Bafana è il momento di transizione dall’apartheid e dalla devastante epidemia di AIDS. Non so molto di quel paese, eppure considerate questo brano, intitolato “A beast into a toothpick” e ambientato a Cape Town:

“George Dearnaley is a big ruddy white man who looks like a rugby player, but in fact he was once the Bafana’s promising young centre-forward. Dearnaley never got beyond promising, because when he was in his early twenties his knee went. He didn’t mind much. He spoke a bit of Zulu, and had studied literature and journalism at college in Toledo, Ohio, and so he oined the football magazine Kick Off. Now he is the publisher as well tha author of an excellent column. Over an English breakfast in a Cape Town greasy-spoon near the Kick Off offices, Dearnaley reflected on the Amazulu team in Durban where his career peaked. Seven of his teammates from the Amazulu side of 1992 were now dead, out of a squad of about 24. Dearnaley said “one guy died when his house exploded, so that probably was a taxi war or something. But the rest must have been AIDS. One player, a Durban newspaper said he was bewitched. A six foot four (1.93 m) beast of a man, who was suddendloy whittled down to a toothpick.” Costantinou (un medico e ricercatore intervistato – ndFAU) says it’s quite possible thath a fifth of the Bafana’s potential pool of players of 2010 carries the HIV virus. How many South Africans who could have played in 2010 will be dead instead?”

non c’è dentro, a ben guardare, tutto il Sudafrica di oggi? Ad ogni modo una cosa è certa: il mondo sta cambiando velocemente e l’Europa, se non porterà a termine con successo la sua integrazione, è destinata a recitare un ruolo di secondo piano. Non serve seguire la politica internazionale: basta sintonizzare la TV sulla Coppa del Mondo di calcio.

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