Ancora su vaccini e nuova influenza

lunedì 16 novembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

La campagna di vaccinazione si basa su una valutazione di risk assessment fatta propria da tutti i paesi industrializzati con l'intenzione di ridurre drasticamente il tasso cumulativo di attacco e di riportare la pandemia nel novero delle influenze stagionali. Questo piano non si è concretizzato nei fatti per i ritardi nella produzione del vaccino, per una scarsa propensione all'immunizzazione da parte dei medici e soprattutto perché molti di loro hanno sconsigliato la vaccinazione ai loro pazienti anche se facevano parte di una categoria a rischio (peraltro si tratta di un caso unico fra i paesi industrializzati dove le policies sanitarie le fanno i Ministeri competenti)". "Arriveremo quindi al picco pandemico - nel frattempo abbiamo già superato i valori di diffusione dell'influenza 2004-2005 che è stata la più severa dal 1999 ad oggi - con una copertura vaccinale modestissima. All’inizio di questa settimana risulta che siano state distribuite 2,5 milioni di dosi di vaccino, ma gli immunizzati sono poco più di 80.000. Questo per dire che chi si doveva vaccinare non lo ha fatto e chi ne aveva intenzione non ha potuto farlo. E' probabile che tutto questo fosse fra gli esiti possibili, ma c'è da rilevare che a differenza di quanto fatto in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti da noi il vero tallone d'Achille della gestione è stato la mancata e tempestiva diffusione dei dati scientifici già disponibili in letteratura dopo la prima ondata estiva, l’unico strumento per una valutazione razionale delle contromisure da prendere".

Tutto sull’H1N1 (hat tip Gravità Zero) sul nuovo sito DarwinFlu. Da segnalare uno splendido articolo di Dario Bressanini, in particolare le considerazioni finali:

La “risposta standard” di queste settimane è “questa influenza non è peggio di una normale influenza stagionale”. Vogliamo riflettere meglio su questa frase? Si stima che qualche migliaio di persone ogni anno muoia per le complicazioni derivanti dall’influenza stagionale. Qualcuno dice 5000, qualcuno 8000. Vi sembrano poche? Quando diventano “accettabili” 5000 morti? Sono “spendibili” solo perché nella grande maggioranza sono anziani? Quanti di questi anziani hanno, magari, contratto l’influenza proprio in ospedale o dal medico? Quanti non avrebbero contratto la malattia se chi gli è stato intorno si fosse vaccinato?

In altre parole, quanti di quei 5000 sono morti evitabili? E ora che questa pandemia H1N1 attacca maggiormente giovani e bambini, sono ancora “accettabili” perché tanto “è come una normale influenza” ? Ci può consolare sapere che “tanto i morti avevano già delle malattie” ? Insomma “io sono sano, che gli altri si fottano” ? Io mi sentirei più tranquillo se il pediatra dei miei figli si fosse vaccinato, voi no? Oppure vi turbate solo considerando che 3 morti su 53 non avevano malattie, erano “sani” insomma?

Al medico che dice “se non mi sono mai vaccinato per la stagionale che uccide molte più persone, perché dovrei vaccinarmi per la suina?” suggerirei magari di considerare l’idea di iniziare a fare anche il vaccino stagionale. Non protegge completamente ma riduce comunque la possibilità di contagio e di trasmissione ai suoi pazienti. “Primo non nuocere”.

Libertà e responsabilità sono solo parole vuote? Se i medici scelgono liberamente di non vaccinarsi, perché dovrebbero essere i pazienti a pagare per le loro scelte egoiste? Davvero è giusto che non subiscano conseguenze? E se un vostro caro morisse per essersi beccato l’H1N1, o anche la solita influenza, in un reparto ospedaliero in cui i medici e gli infermieri non si sono vaccinati, non vorreste percorrere le vie legali?

Labels: ,

Dove si discute di squalene, thiomersal e palafitte

sabato 7 novembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Sto cercando di contare quante siano le persone in Italia che non abbiano dato di matto a causa del virus A H1N1. La prima è Anna Meldolesi, che ha seguito la pandemia fin dall’inizio. Un altro è, come prevedibile, Silvio Garattini, intervistato dal Giornale qualche tempo fa.

Per il resto è tutto un fiorire di complotti, allarmi sulla pericolosità dello squalene e del thiomersal. Che ci fosse agitazione sullo squalene lo ignoravo; in realtà secondo la pagina di wikipedia la voce risale a dopo la prima guerra in Iraq. Per noi italiani lo squalene non sarebbe una novità, trattandosi di uno dei componenti dell’olio d’oliva. Fosse davvero così pericoloso saremmo tutti morti da un pezzo. L’obiezione più frequente al mio ragionamento è che inoculato direttamente in vena possa provocare chissà quali disastri, iperstimolando la risposta immunitaria. In realtà, come riportato dalla giornalista Helen Branswell, si tratta della solita leggenda metropolitana:

Q: Isn’t squalene dangerous? Didn’t it cause Gulf War Syndrome?

A: No and no.

It may have a nasty sounding name, but we all have squalene (pronounced SKWAY-lean) in our bodies. We need it to synthesize cholesterol and steroid hormones. And the stuff is ubiquitous — it is found in all animals, in plants, and in a variety of foods, cosmetics, over-the-counter drugs and health supplements, according to the World Health Organization.

“It is part of our natural metabolism that allows us to make the kinds of molecules that enable us to survive,” says Dr. Paul Offit, an immunologist and vaccine expert at Children’s Hospital of Philadelphia.

“Take squalene out of your body, and you die. Take squalene out of Girl Scout cookies and they don’t taste as good.”

As for the supposed Gulf War Syndrome link, it isn’t true.

The claim is that anthrax vaccines given to U.S. soldiers fighting in the Gulf War contained squalene and generated anti-squalene antibodies that triggered disabilities. But the vaccines given to those troops did not contain squalene, the WHO and others have reported.

And a study published in 2006 showed that anti-squalene antibodies can be found in the blood of people who have never been vaccinated with a vaccine containing squalene.

“The objective scientific evidence is that these things are safe. That they are not linked with Gulf War Syndrome. That they don’t promote autoimmune disease. That’s what the objective scientific evidence says. But it’s not what you read on the blogs and on the Internet,” Wood says.

Il thiomersal invece è una vecchia bufala, nota a chi mastichi un po’ l’argomento. Si tratta di un composto simile al metilmercurio, quello sì tossico e con la tendenza a bioaccumularsi. Che all’inizio si sia pensato ad investigare sull’inquietante similitudine è condivisibile, ma dopo decenni di ricerca, e qualche gazillione di vaccini che non hanno evidenziato problemi relativi al mercurio, si dovrebbe considerare la questione chiusa. Non fosse altro che alternative non ce ne sono molte, secondo l’OMS:

Some national public health authorities are striving to replace thiomersal-containing vaccines as a precautionary measure. There is currently no evidence of toxicity from mercury contained in vaccines. There are only a few tested, efficacious and safe alternatives to thiomersal-containing vaccines. Current production capacity for such vaccines is limited and insufficient to cover global needs.

Certo, se c’è gente che pensa che non siamo mai andati sulla luna o che il WTC sia venuto giù chissà come, le possibilità di far comprendere quattro concetti basilari di biochimica sono vane. Mi verrebbe voglia di invitare tutti i complottisti a recitare il mantra “l’evoluzione non è un pranzo di gala”, eppure la questione è più sottile. Perché è così difficile riuscire a comunicare la scienza? Perché, con tutto l’avanzamento tecnico e scientifico del secolo scorso ancora siamo ad un atteggiamento schizofrenico verso la medicina?

“Da una parte fideistico, per cui si allentano le regole igieniche presumendo che vi sia una medicina per tutto; dall’altra fobico, perché ognuno capisce che nessun farmaco è completamente innocuo, motivo per cui molti si rivolgono alle erbe, convinti che ciò che è naturale sia anche buono. Peccato che un estratto vegetale contenga migliaia di sostanze chimiche”(dall’intervista a Garattini)

Evidentemente qualcosa è andato storto, nella corsa al progresso scientifico molta gente è rimasta indietro. Sempre colpa del popolo bue ed ignorante? O magari è la scienza che si deve interrogare sul rapporto con il resto del mondo?

“Dunque la base empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di "assoluto". La scienza non posa su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio costruito su palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall’alto, giù nella palude: ma non in una base naturale o "data"; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura.”

Ecco, il giorno che buona parte del mondo scientifico si ricorderà di vivere su una banalissima, e precaria, palafitta, e che c’è bisogno del resto dello scibile umano per vedere oltre il fango e la nebbia del mondo, allora, forse, supereremo questa frattura, e riusciremo a costruire sulle nostre precarie fondamenta qualcosa di buono.