La grandezza di D.F Wallace
I suoi libri gli hanno costruito una comunità di lettori fedeli come pochi altri. Insomma in David Foster Wallace c’è un nonsoché, e va ben oltre la sua inimitabile acconciatura. Come spiegarlo? Non è solo il fatto che Wallace produce buona narrativa — naturalmente è così, ma in un certo senso questo è un aspetto marginale. E non è solo il fatto che è divertente e innovativo e dotato in maniera leggendaria dei vari strumenti di cui un romanziere ha bisogno per fare il proprio lavoro (empatia, intuito, abilità di connessione, perspicacia e aver-letto-tutto-quel-che-esiste-sulla-faccia-della-terra). E un complimento bizzarro dire che in qualche modo la narrativa sembra, per un Howling Fantod, il meno che Wallace è in grado di fare. Wallace ha semplicemente il genere di cervello che viene voglia di frequentare. Fidatevi, questo è un cervello che vale veramente la pena vedere al lavoro. Non ha molta importanza che cosa sta facendo — se sta scrivendo un reportage sulla campagna elettorale del senatore John McCain nel 2000, un libro sull’infinito nella matematica, o un articolo sulle navi da crociera, o sull’uso del linguaggio al giorno d’oggi, o sul tennis, o — nel caso della raccolta di racconti che avete in mano — e di molta gente che non esiste affatto, e che fa cose che non sono mai successe davvero. La narrativa è una delle tante cose che David Foster Wallace fa con il cervello, ma i suoi Fantods hanno tenere d’occhio attentamente via internet tutto quello che lui produce - che sia un saggio, un’introduzione, metà di una conferenza, perfino un’intervista via e-mail. Quando una voce è voluminosa come questa, la si vuole sentire in qualsiasi forma. È un'intelligenza generosa — è a questo che volevo arrivare, in fondo.
E fa su di me fa un effetto che Pynchon non è mai riuscito a fare. Né DeLillo. Mentre mi fornisce tutte le informazioni di cui ho bisogno, tutta la precisione che mi occorre per capire come stiamo cambiando, di cosa è fatta la nostra modernità — mentre fa questo, tutta l’opera di Wallace riesce comunque ad avere una risonanza tale da ricondurmi a me stessa. Ricondurmi alla mia vera vita vissuta, alle mie esperienze affettive autentiche, alle mie grandi paure, e al mio singolare (così sembra - ma naturalmente è condiviso) destino. Come se un personaggio con i contorni di Ivan II’ic mettesse piede sulla scena iperreale di Rumore bianco: è in questo che personalmente vedo, da lettrice, la grandezza di Wallace. E d’altra parte, ciascuno di voi troverà un proprio modo di leggerlo, non c’è dubbio. È in questo senso che Wallace è uno scrittore di culto: vi sembra che stia parlando solo a voi.
(Zadie Smith, parlando di DF Wallace)
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