La tensione tra Cartesio e Cervantes
[...]se Cartesio pone l'uomo nel mondo come soggetto sovrano, Cervantes da parte sua lo detronizza in modo discreto:
«Mentre Dio stava lasciando piano piano il suo posto dal quale aveva diretto l'universo e il suo ordine di valori, separato il Bene e il Male e dato un senso a ogni cosa, Don Chisciotte uscì di casa e non fu più capace di riconoscere il mondo, che, in assenza del giudice supremo, gli apparve all'improvviso di una spaventosa ambiguità; l'unica Verità divina si scompose in centinaia di verità relative che gli uomini si divisero tra loro. Nacque così il mondo dei tempi moderni, e il romanzo, sua immagine e modello, nacque insieme ad esso.»
Ci voleva del coraggio e persino dell'eroismo per concepire l'ego pensante come il fondamento di tutto; ma era necessaria altrettanta forza per «concepire il mondo come ambiguità» e per «possedere come unica certezza la saggezza dell'incertezza». Non è solo lo spirito cartesiano ad aver dato la sua impronta ai tempi moderni, facendo la loro specificità, ma anche la tensione tra Cartesio e Cervantes. Nel momento in cui gli esecutori del metodo, con la testa piena di linee, numeri e segni algebrici, «forzano il passaggio attraverso le tortuosità della vita», lo spirito del romanzo elimina gli ostacoli frapposti alla comprensione dei paradossi e dei grovigli dell'esistenza dalle vecchie antinomie metafisiche dell'alto e del basso, della tragedia e della commedia, dello stile sublime e della prosa quotidiana. Mentre la scienza «si accanisce a prendere in esame il perché di tutte le cose in modo che ciò che appare sia spiegabile, dunque calcolabile», lo spirito del romanzo s'ingegna a far rincretinire il principio di ragione. Il suo, infatti, è il campo dell'imponderabile, della sfumatura, della parte di verità che finisce per schiacciare ogni certezza trionfante. All'equiparazione dei problemi dell'umanità lo spirito del romanzo risponde con la continua esplorazione del fenomeno umano. Alle idee chiare e distinte continua ad opporre il contrappeso dello scrupolo. «Proprio come Penelope – scrive magnificamente Kundera – lo spirito del romanzo scuce la trama ordita la sera prima da teologi, filosofi e dotti».
((A. Finkielkraut - Noi, i moderni)
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