La morte di Mario Monicelli
Io a Monicelli gli ho voluto bene, davvero. Non poteva essere altrimenti, sono malato di "Amici miei" da tempo. Mia moglie all'inizio rimaneva sconcertata dal mio prenotare al ristorante a nome Mascetti (spesso con supercazzola inclusa) e non si spiegava l'ilarità di vedere un vicino di casa, medico, che si chiamava Sassaroli.
Però tanto sono rimasto colpito dal gesto estremo, quanto trovo ancora più incomprensibili le interpretazioni del suicidio di Mario che vengono proposte con una certa sicurezza su molti blog, e anche da parecchi miei contatti su FriendFeed. Togliersi la vita vuol dire riaffermare il diritto a disporne liberamente, in barba ai tanti baciapile che popolano l’Italia? Può essere, però non mi sembra di aver trovato da nessuna parte prova di questa interpretazione. Non mi sentirei di giudicare così a cuor leggero. Non dico mica che Monicelli non sapesse quello faceva, dico che difficilmente possiamo saperlo noi.
Pensare che il suo togliersi la vita abbia rappresentato un riaffermarne la piena disponibilità è, forse, plausibile, magari anche poetico a modo suo, ma dimostrato proprio no.
Se posso spingermi un po' più in là, considerando che molti sostenitori di questa tesi sono, ognuno a modo suo, laici, mi sembra di cogliere un paradosso. Il credente è dubbioso di fronte alla vita e al suo mistero: nonostante sia un uomo di fede non mi pare abbia tutte le certezze che comunemente gli vengono attribuite. Più semplicemente riconosce i suoi limiti e si affida ad altre "categorie" per provare a vivere la vita pienamente. Al contrario mi pare che la posizione laica, negando questo stesso mistero, o comunque provando a risolverlo con la finitezza umana, rimanga disarmata in situazioni così estreme, peccando così per troppa sicurezza. Proprio loro, che non hanno fede!
Oppure no?