Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained – S Kuper e S Szymanski
“Cultures are not eternal and unalterable. when they have an incentive to change they can change”
Una frase che si può sicuramente sottoscrivere, con buona pace dei tanti che non si rassegnano ai grandi cambiamenti dei nostri tempi. Qual è però il grande incentivo a cambiare? In questo caso Il football, probabilmente lo sport più popolare del momento. Portato in giro per il mondo dagli inglesi, il secolo scorso, e dalla recente ondata di globalizzazione, l’impatto sulle nostre vite di questo gioco è stato incalcolabile.
Kuper e Szymanski, però, da bravi economisti, hanno deciso che due conti bisognava farli e hanno tirato fuori un libro delizioso: Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained. Il gioco del calcio, visto così, è decisamente più interessante di quanto ce lo racconti la stampa italiana. Le squadre di calcio non sono affatto un business, ma piuttosto somigliano a delle associazioni culturali o benefiche. I presidenti sono i moderni mecenati, e le loro società sono, per certi aspetti, l’equivalente moderno delle cattedrali medievali. Del resto le varie competizioni più che portare soldi e lavoro portano un bene più prezioso, e meno tangibile: la felicità.
I dati, infatti, parlano di una marcata riduzione dei suicidi in corrispondenza di europei e coppe del mondo. Il calcio crea socialità, aggregando anche le categorie storicamente meno interessate, ad esempio le donne. In effetti ripercorrendo l’albo d’oro della Coppa Campioni rivediamo la storia d’Europa. Dal Real Madrid, veicolo di propaganda della dittatura franchista, arriviamo alle città densamente industrializzate, come Monaco, Torino, Milano o Manchester. Proprio lì sono nati club più importanti, dando radici in luoghi così stranieri ai tanti immigrati. Dopo il periodo dell’economia europea frammentata e poco aperta ai mercati, che generava delle piccole isole “autarchiche” come Gladbach o Nottingham, il futuro è probabilmente delle grandi capitali. Oggi Londra, con Arsenal e Chelsea, domani Instanbul, Parigi e, se il paese non collasserà prima, anche Mosca.
Si chiude con un giro fuori dall’Europa, accompagnati dal giramondo Gus Hiddink. Vediamo la Corea del Sud affacciarsi sulla ribalta internazionale, e scopriamo il difficile momento di transizione di Iraq e Sud Africa. Per i “Leoni della Mesopotamia”, se il paese sopravviverà alle attuali difficoltà, c’è un futuro da possibile grande potenza calcistica. Per i Bafana Bafana è il momento di transizione dall’apartheid e dalla devastante epidemia di AIDS. Non so molto di quel paese, eppure considerate questo brano, intitolato “A beast into a toothpick” e ambientato a Cape Town:
“George Dearnaley is a big ruddy white man who looks like a rugby player, but in fact he was once the Bafana’s promising young centre-forward. Dearnaley never got beyond promising, because when he was in his early twenties his knee went. He didn’t mind much. He spoke a bit of Zulu, and had studied literature and journalism at college in Toledo, Ohio, and so he oined the football magazine Kick Off. Now he is the publisher as well tha author of an excellent column. Over an English breakfast in a Cape Town greasy-spoon near the Kick Off offices, Dearnaley reflected on the Amazulu team in Durban where his career peaked. Seven of his teammates from the Amazulu side of 1992 were now dead, out of a squad of about 24. Dearnaley said “one guy died when his house exploded, so that probably was a taxi war or something. But the rest must have been AIDS. One player, a Durban newspaper said he was bewitched. A six foot four (1.93 m) beast of a man, who was suddendloy whittled down to a toothpick.” Costantinou (un medico e ricercatore intervistato – ndFAU) says it’s quite possible thath a fifth of the Bafana’s potential pool of players of 2010 carries the HIV virus. How many South Africans who could have played in 2010 will be dead instead?”
non c’è dentro, a ben guardare, tutto il Sudafrica di oggi? Ad ogni modo una cosa è certa: il mondo sta cambiando velocemente e l’Europa, se non porterà a termine con successo la sua integrazione, è destinata a recitare un ruolo di secondo piano. Non serve seguire la politica internazionale: basta sintonizzare la TV sulla Coppa del Mondo di calcio.
è un peccato che il calcio mi risulti così noioso, altrimenti avrei letto il libro.
comunque immagino che sia solo un espediente letterario, perché gli stessi dati (per esempio quelli sulla riduzione dei suicidi) secondo me si possono raccogliere in corrispondenza di ogni evento sportivo grande (mondiali di ogni sport, olimpiadi).
sì, penso che le considerazioni siano applicabili anche ad altri eventi sportivi.
sarebbe interessante studiare cosa accade a margine del basket NBA, caratterizzato da franchigie che cambiano città, squadre che alternano cicli grandiosi a periodi di ricostruzione, etc.
naturalmente quanto detto sopra non si applica ai Clippers, che non ne azzeccano una a qualsiasi latitudine e con qualsiasi quintetto :-)
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