Bolaño e la fine del sacro
“Le uniche sale cinematografiche che svolgevano una funzione, disse Charly Cruz, erano quelle vecchie, te le ricordi? Quei teatri enormi che quando spegnevano le luci ti davano una stretta al cuore. Quelle sale erano perfette, erano i veri cinema, i più simili a una chiesa, soffitti altissimi, grandi tende rosso granato, colonne, corridoi con vecchi tappeti logori, palchi, posti in platea o in galleria o in piccionaia, edifici eretti negli anni in cui il cinema era ancora un’esperienza religiosa, quotidiana ma religiosa, e cha a poco a poco sono stati demoliti per costruire banche o supermercati o multisale. Oggi, disse Charly Cruz, ne sopravvivono pochissimi, oggi tutti i cinema sono multisale, con schermi piccoli, spazi ridotti, poltrone comodissime. In una vecchia sala di quelle vere entrano sette sale ridotte di oggi. O dieci. O quindici, dipende. E non c’è più l’esperienza abissale, non esiste la vertigine prima dell’inizio di un film, nessuno si sente più solo dentro un multisala. Poi, da quanto ricordava Fate, si era messo a parlare della fine del sacro.
La fine era iniziata da qualche parte, a Charly Cruz non importava dove, forse nelle chiese, quando i preti avevano smesso di dire la messa in latino, o nelle famiglie, quando i padri avevano abbandonato (terrorizzati, credimi, brother) le madri. Ben presto la fine del sacro era arrivata al cinema. Avevano smantellato i grandi cinema e costruito scatole immonde chiamate multisale, cinema pratici, cinema funzionali. Le cattedrali erano crollate sotto la palla d’acciaio delle squadre di demolizione. Finché qualcuno non aveva inventato le videocassette. Un televisore non è la stessa cosa di uno schermo cinematografico. Il salotto di casa tua non è la stessa cosa di una vecchia platea quasi infinita. Ma se uno osserva con cura, è la cosa che più gli somiglia. Innanzitutto perché grazie alla videocassetta puoi vedere da solo un film. Chiudi le finestre di casa tua e accendi la televisione. Metti la cassetta e ti siedi in una poltrona.
Primo requisito: essere solo. La casa può essere grande o piccola, ma se non c’è nessun altro ogni casa, per piccola che sia, in qualche modo si amplia. Secondo requisito: preparare il momento, cioè noleggiare il film, comprare le bibite che berrai, gli stuzzichini che mangerai, decidere l’ora in cui ti siederai davanti alla tua televisione. Terzo requisito: non rispondere al telefono, ignorare il campanello della porta, essere prono a passare un’ora e mezzo o due ore, un’ora e quarantacinque minuti nella più completa e assoluta solitudine. Quarto requisito: tenere a portata di mano il telecomando, se per caso vuoi rivedere una scena più di una volta. Tutto qui. Da quel momento in poi tutto dipende dal film e da te. Se tutto va bene, e non sempre va bene, sei di nuovo in presenza del sacro.”
Che grande scrittore Bolaño. Benedette queste ferie che mi hanno lasciato un po’ di tempo per 2666. Ispanofoni e lettori particolarmente arditi possono cimentarsi con l’originale del pezzo a questo indirizzo.
hai completamente ragione!!!!!!!!!!!!!!
http://www.nazioneindiana.com/2010/09/21/roberto-bolano-linsopportabile/
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