Belief in God in an Age of Science

domenica 27 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

“The world is not full of items stamped “made by God” – the creator is more subtle than that – but there are two locations where general ints of his presence might be expected to be seen more clearly. One is the vast cosmos itself, with its fifteen-billion-year history of evolving development following the big bang. The other is the “thinking reed” of humanity, so insignificant in scale but, as Pascal said, superior to all the stars because it alone knows them and itself.[…]The distinguished theoretical physicist Paul Dirac, who was not a conventionally religious man, was once asked what was his fundamental belief. He strode to a blackboard and wrote that the laws of nature should be expressed in beautiful equations. It was a fitting affirmation by one whose fundamental discoveries had all come from his dedicated pursuit of mathematical beauty. This use of abstract mathematics as a technique of physical discovery points to a very deep fact about the nature of the universe that we inhabit, and to the remarkable conformity of human minds to its patterning. We live in a world whose physical fabric is endowed with transparent rational beauty”.

(John Polkinghorne - Belief in God in an Age of Science)

GazProm – S Grazioli

sabato 26 dicembre 2009 Posted by tfrab 2 comments

gazprom book Mentre girovagavo sul blog di Zamax il buon Pietro mi ha segnalato l’ultimo libro di Stefano Grazioli, GazProm. Un primo aspetto interessante è la possibilità di acquistare il libro presso lulu.com, scaricando il file PDF e trasferendolo sul proprio lettore di ebook. Procedura semplice, veloce, e libera dall’impiccio del DRM. Sarebbe bello farlo con tutti i libri, ma per ora il mercato non sembra orientato in quella direzione, anzi.

Il libro è interessante, e piuttosto veloce da leggere. L’argomento è lo stato dell’ex-impero sovietico, con l’attenzione puntata sulla Russia, che è il principale erede dell’URSS, e la zona centro-asiatica, punteggiata di tutti quei paesi col nome che finisce in “stan”. Confesso che la mia ignoranza, prima di leggere il libro, mi comportava una certa difficoltà a distinguerli (a parte il paese natale di Borat, s’intende…). L’attenzione su questo nugolo di stati deriva dal sommarsi di tensioni internazionali e interessi sempre più grandi nell’area da parte delle principali potenze mondiali. Petrolio, gas, estremisti islamici, possibili conflitti tra potenze nucleari: ce n’è abbastanza per parlare di New Great Game, in ricordo dell’originale, ottocentesco, Great Game. La situazione attuale vede una serie di repubbliche governate in maniera autoritaria dai resti del vecchio apparato sovietico. Situazione che l’Occidente a parole depreca, nei fatti incoraggia o almeno tollera. Del resto i timidi tentativi di riforma dell’era post-sovietica sono andati a finire piuttosto male, e le altre potenze, Cina in primis, sono molto più pragmatiche nelle relazioni internazionali (ndFAU: che l’idealismo euroamericano sia una specie di fardello quando si tratta di competere con la Cina si intravede anche in Africa, vedi ad es. Cinafrica).

In Russia, invece, le cose vanno in maniera diversa. Nonostante Putin e i suoi non godano di buona stampa qui in Europa, Grazioli ha un giudizio sostanzialmente positivo su quanto accade tra Mosca e San Pietroburgo. Senza nascondere le difficoltà per un paese che ha vissuto prima l’oppressione zarista e poi il fallimentare esperimento del socialismo reale, ad un osservatore più attento la Russia appare ormai ben avviata sulla strada della modernizzazione e dell’integrazione con l’Europa. Come riportato nel libro:

“La Russia non è dunque una democrazia. E non è neppure una dittatura. È un Paese in transizione che si sta trasformando cercando il sistema migliore per affrontare le sfide del futuro considerando le proprie caratteristiche. In primo luogo quella di essere per estensione la nazione più vasta del mondo, in secondo quella di avere una storia alle spalle diversa da quella delle democrazie occidentali e degli imperi d’oriente. Il cammino intrapreso dal Cremlino dopo l’anarchia eltsiniana è quello verso la cosiddetta “democrazia sovrana”, formula un po’ criptica usata per delineare il modello cui Mosca oggi si orienta. L’ideatore è Vladislav Surkov, vicecapo dell’amministrazione presidenziale sotto Putin e sotto Medvedev, l’eminenza grigia devota alla strutturazione dell’ideologia sulla quale si fonda il nuovo sistema russo”.

La situazione russa è molto delicata: da un lato il paese deve rinsaldare la sua precaria posizione geopolitica, minata gravemente dai territori persi dopo la dissoluzione dell’URSS. Dall’altro deve evitare di spaventare l’Europa, suo partner ideale. L’Europa stessa avrebbe interesse a riavvicinarsi a Mosca, la Germania ad esempio lo sta già facendo, ma non può spingersi troppo in là, altrimenti l’alleato americano potrebbe trovare diversi modi di fargliela pagare*.

Probabile che l’evoluzione sarà molto lenta, ed influenzata da quello che accade nel resto del pianeta. Il futuro però sembra sempre più “multipolare”, in contrapposizione all’egemonia americana del recente passato. Come sarà questo mondo? Difficile dirlo. A sentire Evgeni Primakov ci sarebbe da essere ottimisti:

“La sua caratteristica principale [cioè dello scenario multipolare] consiste nello sviluppo di aree di interesse comune, come la lotta al terrorismo internazionale, l’appianamento dei conflitti locali, pianificazione di provvedimenti comuni atti a ostacolare la proliferazione di armi di distruzione di massa e infine l’impegno a proteggere l’ambiente. In ultima analisi lo sviluppo di tali processi conduce all’insediamento di centri di potere locale. Questo influisce sulla configurazione delle relazioni internazionali, quindi anche sul processo di globalizzazione, caratterizzato da un forte progresso tecnico e tecnologico, dall’interdipendenza in campo finanziario e dalla grande diffusione di forme di produzione multinazionale… In uno scenario di questo tipo l’integrazione della Russia, così come della Cina, all’interno dell’economia mondiale procede senza difficoltà, senza ostacoli posti da forze interne o esterne. Cina, Gran Bretagna e Francia si uniscono a Russia e Stati Uniti nella riduzione delle armi strategiche. L’Onu riprende fiato: in campo internazionale si ricorre a operazioni militari quando necessario solo dopo una risoluzione del Consiglio di sicurezza… L’indivisibilità del mondo permette di iniziare a operare concretamente per la soluzione dei problemi riguardanti le regioni più povere”.

Un discorso forse dettato dalla necessità di fare un po’ di propaganda alla causa russa. Il New Great Game è appena iniziato, ed è impossibile prevedere come andrà a finire. Andrea Gilli ammonisce spesso che “solo i morti hanno visto la fine delle guerre”, e millenni di Storia gli danno, ahimè, ragione.

 

* se c’è qualcosa di vagamente sensato in questo paragrafo sappiate che non è farina del mio sacco, ma di Gilli, con il quale ho avuto una breve e piacevole chiaccherata su facebook. Le cazzate, modestamente, sono tutte mie :-)

Buon Natale

giovedì 24 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments
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Asce di Guerra - Wu Ming

mercoledì 23 dicembre 2009 Posted by tfrab 2 comments

"Certi uomini sono quello che i tempi richiedono. Si battono, a volte muoiono, per cose che prima di tutto riguardano loro stessi. Compiono scelte che il senno degli altri e il senno di poi stringono nella morsa tra diffamazione ed epica di stato. Scelte estreme, fatte a volte senza un chiaro perché, per il senso dell'ingiustizia provata sulla pelle, per elementare e sacrosanta volontà di riscatto.
La retorica degli alzabandiera e la mitologia istituzionale offrono una versione postuma e lineare della storia. Ma la linearità e l'agiografia non servono a capire le cose. Le frasi fatte e le formule ripetute dai palchi, come dai pulpiti, coprono la rabbia, lo sporco e la dinamite, consegnando al presente quello che chiede. Scavare nel cuore oscuro di vicende dimenticate o mai raccontate è un oltraggio al presente. Un atto spregiudicato e volontario. Le storie non sono che asce di guerra da disseppellire."

L’inizio è un filo retorico, ma Wu Ming scrive bene, e glielo si può perdonare. Asce di guerra è un libro nato dall’incontro del gruppo di scrittori con Vitaliano Ravagli. Partigiano comunista, incapace di adattarsi ai compromessi dell’Italia del dopoguerra, Vitaliano ha scelto la strada più difficile, andando a combattere in Indocina contro i colonizzatori che all’epoca stavano battendo in ritirata. La sua storia, romanzata, è la base di una delle trame principali, di sicuro quella meglio riuscita. Il punto di vista “dal basso” del protagonista si alterna con la storia, e la politica internazionale, di quegli anni. A fare da filo conduttore è l’indagine di un giovane avvocato, che cerca di ricostruire gli eventi, muovendosi attraverso la società italiana contemporanea.

Che rimane finito il libro? Anzitutto l’impressione che in Italia di gente che scrive meglio di Wu Ming ce ne sia davvero poca. “Scavare nel cuore oscuro di vicende dimenticate” è un obiettivo raggiunto pienamente: il giro con Vitaliano attraverso i “sentieri dell’odio” è appassionante, ed è facile immedesimarsi con la rabbia nata dalle ingiustizie e gli orrori subiti. Eppure, se è immediato simpatizzare con i partigiani descritti del libro, e con la loro sete di giustizia, mi pare ci sia una grossa omissione nel racconto. Il mondo contro cui Ravagli e i suoi hanno combattuto è stato responsabile di molti orrori, ed è probabile che anch’io mi sarei battuto contro fascisti e nazisti. Ma l’alternativa che i comunisti avevano in mente, negli anni a venire, non si è dimostrata molto meglio, e queste considerazioni sono assenti, fatta eccezione per una breve postilla a fine libro. Non è necessariamente un grande difetto: l’intento del libro è raccontare la storia volutamente da una parte, cercando di scavalcare “le frasi fatte e le formule ripetute dai palchi”. E su questo non si può che applaudire il risultato.

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Scusate il disagio

venerdì 18 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Haloscan mi ha lasciato a piedi. Ha detto che gli devo dieci dollaroni l’anno oppure niente commenti. Tirchio come sono ho detto di no, e mi sono ritrovato con un mesto file XML e tanti saluti. Per ora i commenti ai singoli post non ci sono più ci sono, ma spariranno presto, nell’attesa che qualcuno trovi il sistema per rimetterli dove stavano, oppure Blogger graziosamente provveda.

UPDATE (23.XII.09) commenti spariti, in attesa che DISQUS si decida a funzionare. Sto facendo anche qualche esperimento col template del blog, non vi spaventate :-)

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Secondo Sky quanti erano i fratelli Marx?

venerdì 11 dicembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Capito per caso su “Good Morning Vietnam”, trasmesso stasera da SKY. Metto la lingua inglese, per godermi Robin Williams non doppiato, e siccome non sono proprio madrelingua aggiungo i sottotitoli a mo’ di stampella. Sono abituato che i sottotitoli non siano precisissimi, ma a tutto c’è un limite.

Se un ufficiale perplesso paragona il DJ che sta ascoltando a Zeppo Marx (che dei famosi fratelli era quello meno noto e quasi subito sparito dalle scene) che bisogno c’è di tradurlo come Karl? Che senso ha? E vi assicuro che in pochi minuti di film almeno la metà dei sottotitoli erano “libere interpretazioni” del testo originale. Ma a SKY qualcuno controlla che sottotitoli gli vendono? La prossima volta gli conviene scaricarseli da opensubtitles.org: vengono via gratis e li fanno meglio…

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Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained – S Kuper e S Szymanski

Posted by tfrab 2 comments

Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained

 “Cultures are not eternal and unalterable. when they have an incentive to change they can change”

Una frase che si può sicuramente sottoscrivere, con buona pace dei tanti che non si rassegnano ai grandi cambiamenti dei nostri tempi. Qual è però il grande incentivo a cambiare? In questo caso Il football, probabilmente lo sport più popolare del momento. Portato in giro per il mondo dagli inglesi, il secolo scorso, e dalla recente ondata di globalizzazione, l’impatto sulle nostre vite di questo gioco è stato incalcolabile.

Kuper e Szymanski, però, da bravi economisti, hanno deciso che due conti bisognava farli e hanno tirato fuori un libro delizioso: Why England Lose: and Other Curious Phenomena Explained. Il gioco del calcio, visto così, è decisamente più interessante di quanto ce lo racconti la stampa italiana. Le squadre di calcio non sono affatto un business, ma piuttosto somigliano a delle associazioni culturali o benefiche. I presidenti sono i moderni mecenati, e le loro società sono, per certi aspetti, l’equivalente moderno delle cattedrali medievali. Del resto le varie competizioni più che portare soldi e lavoro portano un bene più prezioso, e meno tangibile: la felicità.

I dati, infatti, parlano di una marcata riduzione dei suicidi in corrispondenza di europei e coppe del mondo. Il calcio crea socialità, aggregando anche le categorie storicamente meno interessate, ad esempio le donne. In effetti ripercorrendo l’albo d’oro della Coppa Campioni rivediamo la storia d’Europa. Dal Real Madrid, veicolo di propaganda della dittatura franchista, arriviamo alle città densamente industrializzate, come Monaco, Torino, Milano o Manchester. Proprio lì sono nati club più importanti, dando radici in luoghi così stranieri ai tanti immigrati. Dopo il periodo dell’economia europea frammentata e poco aperta ai mercati, che generava delle piccole isole “autarchiche” come Gladbach o Nottingham, il futuro è probabilmente delle grandi capitali. Oggi Londra, con Arsenal e Chelsea, domani Instanbul, Parigi e, se il paese non collasserà prima, anche Mosca.

Si chiude con un giro fuori dall’Europa, accompagnati dal giramondo Gus Hiddink. Vediamo la Corea del Sud affacciarsi sulla ribalta internazionale, e scopriamo il difficile momento di transizione di Iraq e Sud Africa. Per i “Leoni della Mesopotamia”, se il paese sopravviverà alle attuali difficoltà, c’è un futuro da possibile grande potenza calcistica. Per i Bafana Bafana è il momento di transizione dall’apartheid e dalla devastante epidemia di AIDS. Non so molto di quel paese, eppure considerate questo brano, intitolato “A beast into a toothpick” e ambientato a Cape Town:

“George Dearnaley is a big ruddy white man who looks like a rugby player, but in fact he was once the Bafana’s promising young centre-forward. Dearnaley never got beyond promising, because when he was in his early twenties his knee went. He didn’t mind much. He spoke a bit of Zulu, and had studied literature and journalism at college in Toledo, Ohio, and so he oined the football magazine Kick Off. Now he is the publisher as well tha author of an excellent column. Over an English breakfast in a Cape Town greasy-spoon near the Kick Off offices, Dearnaley reflected on the Amazulu team in Durban where his career peaked. Seven of his teammates from the Amazulu side of 1992 were now dead, out of a squad of about 24. Dearnaley said “one guy died when his house exploded, so that probably was a taxi war or something. But the rest must have been AIDS. One player, a Durban newspaper said he was bewitched. A six foot four (1.93 m) beast of a man, who was suddendloy whittled down to a toothpick.” Costantinou (un medico e ricercatore intervistato – ndFAU) says it’s quite possible thath a fifth of the Bafana’s potential pool of players of 2010 carries the HIV virus. How many South Africans who could have played in 2010 will be dead instead?”

non c’è dentro, a ben guardare, tutto il Sudafrica di oggi? Ad ogni modo una cosa è certa: il mondo sta cambiando velocemente e l’Europa, se non porterà a termine con successo la sua integrazione, è destinata a recitare un ruolo di secondo piano. Non serve seguire la politica internazionale: basta sintonizzare la TV sulla Coppa del Mondo di calcio.

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Ancora su vaccini e nuova influenza

lunedì 16 novembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

La campagna di vaccinazione si basa su una valutazione di risk assessment fatta propria da tutti i paesi industrializzati con l'intenzione di ridurre drasticamente il tasso cumulativo di attacco e di riportare la pandemia nel novero delle influenze stagionali. Questo piano non si è concretizzato nei fatti per i ritardi nella produzione del vaccino, per una scarsa propensione all'immunizzazione da parte dei medici e soprattutto perché molti di loro hanno sconsigliato la vaccinazione ai loro pazienti anche se facevano parte di una categoria a rischio (peraltro si tratta di un caso unico fra i paesi industrializzati dove le policies sanitarie le fanno i Ministeri competenti)". "Arriveremo quindi al picco pandemico - nel frattempo abbiamo già superato i valori di diffusione dell'influenza 2004-2005 che è stata la più severa dal 1999 ad oggi - con una copertura vaccinale modestissima. All’inizio di questa settimana risulta che siano state distribuite 2,5 milioni di dosi di vaccino, ma gli immunizzati sono poco più di 80.000. Questo per dire che chi si doveva vaccinare non lo ha fatto e chi ne aveva intenzione non ha potuto farlo. E' probabile che tutto questo fosse fra gli esiti possibili, ma c'è da rilevare che a differenza di quanto fatto in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti da noi il vero tallone d'Achille della gestione è stato la mancata e tempestiva diffusione dei dati scientifici già disponibili in letteratura dopo la prima ondata estiva, l’unico strumento per una valutazione razionale delle contromisure da prendere".

Tutto sull’H1N1 (hat tip Gravità Zero) sul nuovo sito DarwinFlu. Da segnalare uno splendido articolo di Dario Bressanini, in particolare le considerazioni finali:

La “risposta standard” di queste settimane è “questa influenza non è peggio di una normale influenza stagionale”. Vogliamo riflettere meglio su questa frase? Si stima che qualche migliaio di persone ogni anno muoia per le complicazioni derivanti dall’influenza stagionale. Qualcuno dice 5000, qualcuno 8000. Vi sembrano poche? Quando diventano “accettabili” 5000 morti? Sono “spendibili” solo perché nella grande maggioranza sono anziani? Quanti di questi anziani hanno, magari, contratto l’influenza proprio in ospedale o dal medico? Quanti non avrebbero contratto la malattia se chi gli è stato intorno si fosse vaccinato?

In altre parole, quanti di quei 5000 sono morti evitabili? E ora che questa pandemia H1N1 attacca maggiormente giovani e bambini, sono ancora “accettabili” perché tanto “è come una normale influenza” ? Ci può consolare sapere che “tanto i morti avevano già delle malattie” ? Insomma “io sono sano, che gli altri si fottano” ? Io mi sentirei più tranquillo se il pediatra dei miei figli si fosse vaccinato, voi no? Oppure vi turbate solo considerando che 3 morti su 53 non avevano malattie, erano “sani” insomma?

Al medico che dice “se non mi sono mai vaccinato per la stagionale che uccide molte più persone, perché dovrei vaccinarmi per la suina?” suggerirei magari di considerare l’idea di iniziare a fare anche il vaccino stagionale. Non protegge completamente ma riduce comunque la possibilità di contagio e di trasmissione ai suoi pazienti. “Primo non nuocere”.

Libertà e responsabilità sono solo parole vuote? Se i medici scelgono liberamente di non vaccinarsi, perché dovrebbero essere i pazienti a pagare per le loro scelte egoiste? Davvero è giusto che non subiscano conseguenze? E se un vostro caro morisse per essersi beccato l’H1N1, o anche la solita influenza, in un reparto ospedaliero in cui i medici e gli infermieri non si sono vaccinati, non vorreste percorrere le vie legali?

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Dove si discute di squalene, thiomersal e palafitte

sabato 7 novembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Sto cercando di contare quante siano le persone in Italia che non abbiano dato di matto a causa del virus A H1N1. La prima è Anna Meldolesi, che ha seguito la pandemia fin dall’inizio. Un altro è, come prevedibile, Silvio Garattini, intervistato dal Giornale qualche tempo fa.

Per il resto è tutto un fiorire di complotti, allarmi sulla pericolosità dello squalene e del thiomersal. Che ci fosse agitazione sullo squalene lo ignoravo; in realtà secondo la pagina di wikipedia la voce risale a dopo la prima guerra in Iraq. Per noi italiani lo squalene non sarebbe una novità, trattandosi di uno dei componenti dell’olio d’oliva. Fosse davvero così pericoloso saremmo tutti morti da un pezzo. L’obiezione più frequente al mio ragionamento è che inoculato direttamente in vena possa provocare chissà quali disastri, iperstimolando la risposta immunitaria. In realtà, come riportato dalla giornalista Helen Branswell, si tratta della solita leggenda metropolitana:

Q: Isn’t squalene dangerous? Didn’t it cause Gulf War Syndrome?

A: No and no.

It may have a nasty sounding name, but we all have squalene (pronounced SKWAY-lean) in our bodies. We need it to synthesize cholesterol and steroid hormones. And the stuff is ubiquitous — it is found in all animals, in plants, and in a variety of foods, cosmetics, over-the-counter drugs and health supplements, according to the World Health Organization.

“It is part of our natural metabolism that allows us to make the kinds of molecules that enable us to survive,” says Dr. Paul Offit, an immunologist and vaccine expert at Children’s Hospital of Philadelphia.

“Take squalene out of your body, and you die. Take squalene out of Girl Scout cookies and they don’t taste as good.”

As for the supposed Gulf War Syndrome link, it isn’t true.

The claim is that anthrax vaccines given to U.S. soldiers fighting in the Gulf War contained squalene and generated anti-squalene antibodies that triggered disabilities. But the vaccines given to those troops did not contain squalene, the WHO and others have reported.

And a study published in 2006 showed that anti-squalene antibodies can be found in the blood of people who have never been vaccinated with a vaccine containing squalene.

“The objective scientific evidence is that these things are safe. That they are not linked with Gulf War Syndrome. That they don’t promote autoimmune disease. That’s what the objective scientific evidence says. But it’s not what you read on the blogs and on the Internet,” Wood says.

Il thiomersal invece è una vecchia bufala, nota a chi mastichi un po’ l’argomento. Si tratta di un composto simile al metilmercurio, quello sì tossico e con la tendenza a bioaccumularsi. Che all’inizio si sia pensato ad investigare sull’inquietante similitudine è condivisibile, ma dopo decenni di ricerca, e qualche gazillione di vaccini che non hanno evidenziato problemi relativi al mercurio, si dovrebbe considerare la questione chiusa. Non fosse altro che alternative non ce ne sono molte, secondo l’OMS:

Some national public health authorities are striving to replace thiomersal-containing vaccines as a precautionary measure. There is currently no evidence of toxicity from mercury contained in vaccines. There are only a few tested, efficacious and safe alternatives to thiomersal-containing vaccines. Current production capacity for such vaccines is limited and insufficient to cover global needs.

Certo, se c’è gente che pensa che non siamo mai andati sulla luna o che il WTC sia venuto giù chissà come, le possibilità di far comprendere quattro concetti basilari di biochimica sono vane. Mi verrebbe voglia di invitare tutti i complottisti a recitare il mantra “l’evoluzione non è un pranzo di gala”, eppure la questione è più sottile. Perché è così difficile riuscire a comunicare la scienza? Perché, con tutto l’avanzamento tecnico e scientifico del secolo scorso ancora siamo ad un atteggiamento schizofrenico verso la medicina?

“Da una parte fideistico, per cui si allentano le regole igieniche presumendo che vi sia una medicina per tutto; dall’altra fobico, perché ognuno capisce che nessun farmaco è completamente innocuo, motivo per cui molti si rivolgono alle erbe, convinti che ciò che è naturale sia anche buono. Peccato che un estratto vegetale contenga migliaia di sostanze chimiche”(dall’intervista a Garattini)

Evidentemente qualcosa è andato storto, nella corsa al progresso scientifico molta gente è rimasta indietro. Sempre colpa del popolo bue ed ignorante? O magari è la scienza che si deve interrogare sul rapporto con il resto del mondo?

“Dunque la base empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di "assoluto". La scienza non posa su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio costruito su palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall’alto, giù nella palude: ma non in una base naturale o "data"; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura.”

Ecco, il giorno che buona parte del mondo scientifico si ricorderà di vivere su una banalissima, e precaria, palafitta, e che c’è bisogno del resto dello scibile umano per vedere oltre il fango e la nebbia del mondo, allora, forse, supereremo questa frattura, e riusciremo a costruire sulle nostre precarie fondamenta qualcosa di buono.

The short supply of tall people

lunedì 26 ottobre 2009 Posted by tfrab 0 comments

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Burn the Math! era l’invito di Alfred Marshall. A distanza di parecchi anni il suo consiglio sembra andare per la maggiore tra gli economisti, almeno in quelli più dediti alla divulgazione. Aveva cominciato S Levitt con Freakonomics, ottenendo un grande successo di pubblico. D Berri, M Schmidt e S Brook , con The Wages of Wins, tentano un’operazione simile: questa volta l’argomento è lo sport professionistico americano, specialmente il basketball.

Il punto di forza del libro è il tentativo, riuscito, di andare oltre i luoghi comuni dello sport, la “conventional wisdom”, come la chiamava Gilbraith. Il basket NBA,visto attraverso le lenti dell’analisi statistica, si trasforma. Non più cinque sfide “uno contro uno”, ma un vero gioco di squadra, dove rimbalzi, stoppate e altro lavoro oscuro diventano l’essenza dello sport, evidenziando gli aspetti meno evidenti agli occhi, anche quelli esperti di dirigenti e allenatori.

Il limite del metodo rimane la carenza di statistiche per la difesa, e altri aspetti come la stima dell’abilità del coach, o la possibilità di prevedere la carriera NBA in base alle statistiche del college. Tutti temi che, nelle intenzioni degli autori, verranno approfonditi in un prossimo libro. Un bel saggio per gli appassionati di basket e dintorni, che apprezzeranno anche il blog, se non altro per testare le previsioni di D Berri sulla nuova stagione NBA ;-)

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Kindle: niente sarà più come prima (?)

sabato 24 ottobre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Kindle

Dopo una lunga attesa il Kindle è sbarcato anche da noi. Ci sono già altri lettori in circolazione in Europa, ma l’integrazione con la libreria di un colosso come Amazon rende questo e-reader il punto di riferimento per ovvi motivi. Considerato anche il cambio dollaro/euro il costo non è esagerato, anche se dovete metterci oltre 50 € di dazi doganali: ne vale la pena? Secondo me sì, provo a spiegare pro e contro.

Il testo si legge piuttosto bene, senza affaticare la vista. Mi dicono che lo sfondo dei concorrenti sia decisamente meno grigio, la sensazione è di leggere su carta riciclata non sbiancata. Le dimensioni e il peso sono contenute (immaginate un DVD con la custodia, un po’ più pesante) e la batteria dura parecchio. All’apertura, purtroppo, vi ritroverete con la sola presa di corrente americana: niente panico, si ricarica anche con la USB del computer.

Consigliatissima la custodia, per evitare che si rovini: fate attenzione che se ordinate quella in pelle vi fermano in dogana. Dovrete firmare una dichiarazione in cui assicurate che non state contrabbandando pelli di animali più o meno esotici. All’accensione è già pronto a funzionare, configurato con il vostro account amazon: si connette alla rete 3G del telefonino, senza costi aggiuntivi. Potete consultare liberamente Wikipedia, oppure andare su amazon.com per scaricare libri e riviste in pochi minuti.

Un’altra opportunità è quella di trasferire sul Kindle file e documenti personali. Se non volete farlo via USB basta mandare un’email ad Amazon e vi ritrovate il documento convertito direttamente sull’ereader, al costo di 0.99$ a megabyte. Dato che si tratta di libri in formato elettronico potete sottolineare, annotare a piacimento o mettere segnalibri senza stropicciarlo :-)

Confesso di aver avuto un certo scetticismo prima di acquistarlo. Adesso la sensazione è la stessa di quando ebbi in mano il primo, pesante, telefono cellulare: la tecnologia migliorerà, ma ormai la strada è tracciata. Se vi piace leggere molto, anche in inglese, è un acquisto consigliatissimo. In caso contrario forse conviene aspettare che si trovino più ebook in italiano, al di fuori del progetto liberliber.it, di Wu Ming o di pochi altri, ma se Antonio Tombolini ha ragione, e io credo di sì, è solo questione di tempo.

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So long and thanks for all the food

martedì 15 settembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Grazie di cuore Norman, ci mancherai, e grazie a Dario Bressanini per la segnalazione

borlaug-young

 

[…]the world has the technology that is either available or well advanced in the research pipeline to feed a population of 10 billion people. The more pertinent question today is: Will farmers and ranchers will be permitted to use this new technology? Extreme environmental elitists seem to be doing everything they can to derail scientific progress. Small, well-financed, vociferous, and antiscience groups are threatening the development and application of new technology, whether it is developed from biotechnology or more conventional methods of agricultural science. […] The affluent nations can afford to adopt elitist positions and pay more for food produced by the socalled natural methods; the 1 billion chronically poor and hungry people of this world cannot. (source Ending World Hunger. The Promise of Biotechnology and the Threat of Antiscience Zealotry)

Insomma, decidetevi: il nucleare conviene o no?

domenica 13 settembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Ökostrom MünchenOggi Repubblica riporta la notizia che la città di Monaco avrebbe intenzione di produrre tutta l’energia necessaria alla città, solo con l’uso di energie rinnovabili, entro il 2015. Addirittura entro il 2025 le industrie seguirebbero la stessa sorte. Si tratterebbe della prima, vera, green revolution, anche se ci sono alcuni punti oscuri.

Nella migliore tradizione del nostro giornalismo la fonte della notizia non viene citata. Cercando un po’ si trova questo articolo della Süddeutsche Zeitung, che è probabilmente la fonte originale: è linkato anche da altri siti tedeschi, e ricorrendo alla traduzione di Google sembra che dica più o meno le stesse cose. Sarebbe interessante vedere un report un po’ più tecnico, per approfondire i dettagli di questo piano, ma non ne ho trovato traccia in giro, nemmeno sul sito della Stadtwerke Muenchen (NB non parlo tedesco, magari mi è sfuggito). Date le scarse informazioni fornite a supporto  l’annuncio sembrerebbe il più classico dei vaporware. Io, però, sarei pronto a scommettere soldi che, se mai arriveremo ad un risultato del genere, i primi saranno proprio i tedeschi. Staremo a vedere.

Da notare invece un dettaglio gustoso. Alla fine dell’articolo c’è scritto:

profitti_nucleare

Eh?!? Ma se sono anni che ripetete che il nucleare costa troppo, che addirittura i costi sono incalcolabili, che è un investimento assolutamente antieconomico. Cercando nell’archivio di Repubblica, ad esempio, salta fuori un articolo di marzo, intitolato Alti costi e privati in fuga Il rinascimento nucleare resta ancora una chimera. Se avete pazienza immagino ne troverete molti altri dello stesso tono. Adesso il nucleare si è messo a produrre utili? Addirittura abbastanza soldi per lanciare un maxi-programma di transizione alle rinnovabili? Chissà come si dice faccia di bronzo in tedesco.

La coscienza di un liberal – P Krugman

sabato 12 settembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

Se volete capire come sia cambiata la società americana nel secolo scorso, e di riflesso il resto del mondo, il libro di Krugman può fare al caso vostro. Naturalmente l’autore non fa mistero delle sue idee politiche: se siete dell’altra sponda va bene lo stesso, basta far finta che sia Toby Ziegler a parlare :-). Il saggio affronta tre grandi temi: la politica, l’economia e il sistema sanitario.

The Vast Right Wing Conspiracy

Non si può dire che a Krugman difetti una certa chiarezza nell’esprimere le proprie opinioni. Secondo lui, infatti, l’ultradestra conservatrice, riccamente finanziata dalla peggiore plutocrazia, avrebbe complottato per rovesciare l’ordine sociale raggiunto dal New Deal, in modo da riprendersi quanto FD Roosevelt gli aveva tolto. Strumenti principali di questa operazione sarebbero i think tank, e l’uso di “armi di distrazione di massa", cioè tutta una serie di tematiche avulse dall’economia, come i valori, o la sicurezza nazionale, che avrebbero distratto gli elettori, ignari di votare per politiche contrarie al loro portafoglio.

Penso che questa sia la parte peggiore del libro. Davvero Krugman ritiene che gli elettori siano, alla fine, dei poveri fessi? Si può liquidare Milton Friedman tacciandolo semplicemente di “disonestà intellettuale”? Siamo proprio sicuri che “la democrazia coincide con il pensiero liberal”?

Temo che questi siano gli effetti peggiori degli otto anni di presidenza Bush, e di un dibattito politico che si è inasprito fin troppo. Si può avere divergenza di opinioni, pensare che siano più importanti le opportunità dell’eguaglianza sociale, che non necessariamente lo stato sia la soluzione di tutti i problemi, senza però dover essere descritti come fascisti della peggior specie. E non credo sia giusto accusare tutti i conservatori di approvare poteri “dittatoriali” del presidente. Capisco che, quando il libro fu scritto, c’era una campagna elettorale. Ma ora è, anzi dovrebbe essere, finita. It’s over Paul, take it easy :-)

La fine del New Deal e della Grande Compressione

Krugman vede, nella politica economica di FD Roosevelt, il momento in cui l’America è uscita da un’intollerabile situazione di ingiustizia sociale, avviandosi verso una società migliore, dove le risorse erano distribuite in maniera più equa. Alcuni libertari hanno criticato questa impostazione, parlando di Nostalgianomics, e presentando un’analisi molto diversa. Comunque la si pensi si tratta della parte migliore del libro: Krugman scrive benissimo, ed è un grande divulgatore. Che poi abbia ragione o meno non lo so, diciamo che tende a sminuire l’importanza dei cambiamenti tecnologici, demografici e di mercato, per concentrarsi sulle condizioni “a contorno”, politiche, dell’economia. Io tendo, dal basso delle mie conoscenze, a concordare maggiormente con gli oppositori di Krugman.

La riforma sanitaria

Si tratta certamente del tema più caldo della politica americana, specie di questi tempi. Il libro, anche su questo punto, è molto chiaro e ben scritto. Il sistema sanitario migliore al mondo, secondo l’OMS, è quello francese, per cui la cosa migliore è copiarlo. Che la situazione attuale dell’healthcare sia problematica è un dato di fatto, al pari dei molti americani privi di assicurazione sanitaria. Krugman descrive bene i vantaggi di una sanità di stato, e le storture dell’attuale sistema. È possibile un’alternativa affidata al mercato, piuttosto che al Leviatano statale? Vedremo cosa uscirà dalla riforma di Obama, se ci sarà. Mi pare che però rimangano fuori dal dibattito temi importanti, come l’impossibilità pratica di garantire le migliori cure per tutti, e la grande capacità di innovazione e ricerca del sistema sanitario americano. Piaccia o no, è un aspetto del quale anche noi europei, seppur in forma indiretta e molto costosa beneficiamo. Non sarebbe male avere un Krugman anche qui, e un dibattito vero su temi così importanti, piuttosto che la telenovela Papi-Noemi.

L'opera d'arte è l'unico mezzo per ritrovare il Tempo perduto

martedì 1 settembre 2009 Posted by tfrab 0 comments

[...]Il Duca di Guermantes[...]non era poi riuscito ad avanzare che tremando come una foglia sulla poco praticabile cima dei suoi ottantatré anni, come se gli uomini fossero appollaiati su viventi trampoli che aumentano senza sosta sino a diventare, a volte, più alti di campanili, sino a rendere difficili e perigliosi i loro passi, e da cui improvvisamente precipitano.[...]Mi spaventava che i miei fossero già così alti, sotto i miei passi, mi sembrava che non avrei avuto ancora a lungo la forza di tenere attaccato a me quel passato che scendeva già a tale lontananza. Se mi fosse stata lasciata, quella forza, per il tempo sufficiente a compiere la mia opera, non avrei dunque mancato di descrivervi innanzitutto gli uomini, a costo di farli sembrare mostruosi, come esseri che occupano un posto così considerevole accanto a quello così angusto che è riservato loro nello spazio, un posto, al contrario prolungato a dismisura poiché toccano simultaneamente, come giganti immersi negli anni, periodi vissuti da loro a tanta distanza e fra cui tanti giorni si sono depositati – nel Tempo.

(M Proust - Il Tempo ritrovato)

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Nuovo ceppo influenzale?

sabato 29 agosto 2009 Posted by tfrab 0 comments

Secondo una fonte d’agenzia, ripresa col solito copia e incolla da tutti,

E' in arrivo un nuovo ceppo molto più aggressivo dell'influenza A.

Si vede che all’AGI ne sanno più dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, perché nella briefing note dell’OMS io avevo letto:

Close monitoring of viruses by a WHO network of laboratories shows that viruses from all outbreaks remain virtually identical. Studies have detected no signs that the virus has mutated to a more virulent or lethal form.

Come si è passati da “nessuna mutazione” a “nuovo ceppo molto più aggressivo”? Nel report si parla anche dei casi, per fortuna ad oggi pochi, in cui i polmoni vengono aggrediti dal virus. Ha ragione Eugenio

UN MILIONE DI IMMIGRATI HA RUBATO TUTTI I POSTI DI LAVORO
E IN QUESTO MOMENTO SI STANNO TROMBANDO TUA FIGLIA!
TUTTI!

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La realtà e i simboli

Posted by tfrab 0 comments

CopertinaLa letteratura è un gioco di tacite convenzioni: infrangerle in modo parziale o totale è una delle molte gioie (e dei molti doveri) di questo gioco di limiti ignorati. Ecco un esempio: ogni libro è un’opera ideale, però spesso ci piace che il suo autore, per qualche riga, lo confonda con la realtà, con l’universo. Ci piace che i protagonisti della seconda parte del Don Chisciotte abbiano letto la prima, proprio come noi. Ci piace che Enea, vagabondando per le strade di Cartagine, veda scolpita sul frontespizio di un tempio la guerra di Troia, e tra le tante immagini dolorose vi trovi anche la sua. Ci piace che nella notte seicentodue delle Mille e una notte la regina Sheherazade racconti la storia che serve da prefazione alle altre, col rischio di arrivare in questo modo alla notte in cui la racconta, e così via all’infinito. Ci piacerebbe che nel risibile catalogo della biblioteca visitata da Pantagruel figurasse lo stesso Pantagruel. Ci piace che i protagonisti dell’Amleto assistano come noi a una tragedia che ha per argomento l’avvelenamento di un re. Ci piace che l’autore del Sartor Resartus finga che questo libro esiste già, e che il volume da lui pubblicato sia una minima parte dell’originale. (Questa e altre finzioni di Carlyle sono verità simboliche: ogni scrittore è un lettore, un compilatore, un interprete.)

[…]

Scrivo questo prologo nel 1944, in una città sudamericana: oggi, qui, le realtà che oppressero lo sventurato Carlyle sono meno reali dei simboli che questi evocò per designarle. Nessuno ha sentito con altrettanta intensità che questo mondo è irreale (irreale come gli incubi e disumano).

(JL Borges –dall’introduzione al Sartor Resartus)

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Cannabis e altre droghe

giovedì 20 agosto 2009 Posted by tfrab 0 comments

Che Beppe Grillo sia, diciamo così, abbastanza disinvolto nell’esprimere la propria opinione non è una novità. Probabilmente il Ministero ha fatto bene a replicare per le rime. Il fatto è che, secondo me, ha scritto una sciocchezza. Il Dipartimento Politiche Antidroga sostiene che

[…]va considerato il forte pericolo di evoluzione verso l’uso di droghe quali l’eroina e la cocaina. Non è un caso che la cannabis si stata la droga di inizio di oltre il 95% degli eroinomani attuali.

Anzitutto, implicitamente, questo discorso darebbe ragione a Grillo: il presupposto di un’affermazione del genere è che la cannabis sia meno pericolosa. Si tratta di un luogo comune, sbagliato: se avete voglia di leggere un po’ c’è il blog di Claudio Risè. E poi non ha senso dire che il 95% degli eroinomani si è fatto le canne, è statisticamente poco significativo. Probabilmente una percentuale simile di eroinomani beve il caffè dopo mangiato, oppure si ferma col rosso al semaforo. Il ragionamento da fare è esattamente l’opposto, vedere quanti fumatori di cannabis usano in seguito eroina, e quanti no. Se sono alti allora ci può essere una correlazione, altrimenti siamo in presenza di quello che si definisce bias, anzi più esattamente mi sembra illusory correlation, o giù di lì.

Allora qual è la percentuale di fumatori di cannabis a rischio eroina? Ci sono diversi studi, alcuni riportati da questo paper di Gianpaolo Guelfi, SERT  di Genova. Il grafico*, fatto dal vostro FAU, illustra un lavoro del 1982

image 

Sono dati piuttosto chiari: se avete fumato spesso cannabis, è molto probabile che, prima o poi, proverete anche l’eroina.

Il Dr Guelfi prosegue:

Anche altri studi su grandi campioni in Italia (Mariani e Protti 1987) e in America (Kandel 1984; Clayton e Voss 1981) pongono intorno al 30 % la quota stimata di fumatori abituali di cannabis che entrano in contatto con l’eroina. Il che non significa che tutti diventeranno tossicodipendenti da oppiacei, ma che si espongono al rischio di diventarlo compiendo un altro passo su quella via. Se non si può affermare che l’uso di cannabis è la causa dell’uso di eroina, si deve sostenere che l’uso di cannabis è un fattore di rischio serio rispetto a tale uso.  L'ipotesi che la associazione cannabis - eroina sia “spuria” (ossia causata da un fattore terzo noto o sconosciuto che la spiega) non è allo stato delle conoscenze né confermato né escluso. Ma la mera persistenza del dubbio di tale associazione dovrebbe invitare alla cautela. 

In effetti tutta la polemica su quanto sia o meno dannosa la cannabis perde di vista l’aspetto umano della tossicodipendenza, che invece sarebbe quello centrale. Per citare un grande uomo:

“'la droga è una via di fuga. Dove cresce il disagio, dove c'è maggiore sofferenza, là trovi la droga, la violenza, la fuga. Certo –aggiunge- c'è anche la droga solo come ricerca di piacere: in questo caso, denuncia una povertà interiore perché' il vero piacere si trova e si prova quando c'è un equilibrio totale della persona e non dove c'è un suo impoverimento, un'alienazione.”

Magari sto diventando un vecchio trombone (ormai sono più vicino ai quaranta), ma mi sembra che il dibattito sulle dipendenze sia molto più povero di dieci o venti anni fa. Mi pare manchi la consapevolezza del problema, sminuito fino a renderlo irrilevante. Non è un bel segnale, perché il primo passo per risolvere i tuoi guai è riconoscerli, e qui siamo davvero lontani.

* uso cannabis sono le volte che se ne è fatto uso nel corso della vita, uso è la percentuale dei fumatori che ha usato poi anche l’eroina.

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Il Cigno Nero NN Taleb

lunedì 10 agosto 2009 Posted by tfrab 0 comments

Ciò che qui chiameremo Cigno Nero, con la maiuscola, è un evento che possiede le tre caratteristiche seguenti. In primo luogo è un evento isolato, che non rientra nel campo delle normali aspettative, poiché niente nel passato può indicare in modo plausibile la sua possibilità. In secondo luogo ha un impatto enorme. In terzo luogo, nonostante il suo carattere di evento isolato, la natura umana ci spinge a elaborare a posteriori giustificazioni della sua comparsa per renderlo spiegabile e prevedibile.

Comincia così il saggio del libanese Taleb, che cerca di spiegare come l’improbabile governi la nostra vita, molto più di quanto siamo soliti ammettere. Secondo l’autore gli uomini tendono a commettere tre errori fondamentali:

  1. L’illusione della comprensione: il mondo è molto più complicato di quanto immaginiamo. Tendiamo a costruire schemi ipersemplificati, che perdono di vista la complessità nella quale viviamo
  2. La distorsione retrospettiva: la storia sembra molto più organizzata nei libri che nella realtà
  3. La tendenza a “platonizzare”, cioè a concentrarsi su oggetti puri, ideali che ignorano la complessità del mondo.

File:Grafico v.c.Gaussiana.png

La fine inevitabile, per chi rimane intrappolato in questi schemi, è quella del celebre tacchino induttivista. Il tutto è aggravato dal fatto di vivere in un mondo che Taleb, con espressione felice, definisce Estremistan. Prendete un campione di persone, e calcolate l’altezza media. Il fatto di avere alcuni soggetti molto alti o molto bassi non vi sposta la media: ci fosse anche Yao Ming nel campione poco cambia: è un angolino della distribuzione che, tutto sommato, potete ignorare. È il caro e vecchio Mediocristan, dove le estremità, gli anormali, non contano. Ma che succede se calcolate il reddito medio del campione? Se in quello stesso campione c’è Bill Gates? Vi cambia tutto, perché il valore è troppo grande rispetto al resto, se lo ignorate avete perso tutta l’informazione del campione. Un bel problema statistico, no? Benvenuti nell’Estremistan.

La sopravvivenza nell’Estremistan è possibile solo a prezzo di uno scetticismo radicale, almeno nelle questioni importanti. La guida attraverso questo cammino tortuoso è affidata a diversi pensatori radicali, spesso osteggiati dai loro contemporanei. B. Russel, K. Popper, F. von Hayek e B. Mandelbrot sono i punti di riferimento del cammino lontano dalle vie battute da molti “esperti”, sprezzantemente definiti “teste vuote in giacca e cravatta”.

Lasciando da parte il tono da “gradasso di Taleb”, notato da altri prima di me, il libro non convince fino in fondo. Può essere un buon punto di partenza se non avete molta dimestichezza con i signori che ho citato al paragrafo precedente, ma, se aspirate ad un approccio scettico ai problemi, un capitolo di qualsiasi libro di Russell vi farà pensare molto più. Se invece cercate qualche dettaglio in più sulla matematica del Cigno Nero, rimarrete delusi: la parte dedicata è piccola e, almeno ai miei occhi, poco comprensibile. Probabilmente il limite più grande del libro sta nel suo rimanere su un livello un po’ superficiale, anche se divertente, per perdersi decisamente quando si va al dunque.

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Zio Tungsteno - O Sacks

mercoledì 29 luglio 2009 Posted by tfrab 0 comments

Verso la fine del 1997 Roald Hoffmann[…]mi spedì un pacchetto curioso. Dentro c’era un grande poster della tavola periodica, con fotografie di ciascun elemento; un catalogo chimico, in modo che potessi eventualmente ordinare qualcosa; e una barretta di un metallo molto denso, grigiastro, che quando aprii il pacco cadde sul pavimento producendo un rumore sordo e cupo. Lo riconobbi dal suono  (“Il suono del tungsteno sinterizzato” diceva sempre mio zio. “Non esiste nulla di simile”). Quel suono fu una sorta di richiamo proustiano, e subito mi venne in mente zio Dave, lo zio Tungsteno, seduto nel laboratorio, il colletto dalle punte ripiegate, le maniche della camicia arrotolate, le mani nere, impregnate della polvere di tungsteno

copertina: clicca per ingrandireÈ a questo singolare pacco che dobbiamo il delizioso zio Tungsteno, che vede il neurologo Oliver Sacks nelle insolite vesti di chimico, con una preparazione e un amore per la materia insospettabili. L’autore ha avuto la fortuna di nascere, più o meno, nell’epoca d’oro della Chimica, quando le scoperte più incredibili si succedevano a ritmo incalzante, in laboratori straordinariamente piccoli e poco collegati tra loro, almeno rispetto al mondo globalizzato cui siamo abituati.

Studiare Chimica significa, più di tutto, guardare il mondo che ti circonda con occhi diversi e curiosi, trovare poesia e meraviglia in tante inezie che alla maggior parte delle persone passano sotto il naso, sfuggendo via inascoltate. È con questo sguardo che Sacks è cresciuto, nell’Inghilterra a cavallo della seconda guerra mondiale, passando gli anni prima dell’adolescenza tra sostanze pericolose, come fosfina o dicromato d’ammonio, e girando per la Londra dell’epoca con uno spettroscopio tascabile (che detto tra di noi gli invidio profondamente :-))

Cosa rimane alla fine del testo? Per quelli che, al pari del sottoscritto, hanno dedicato la propria vita alla Chimica, la sensazione di aver trovato uno spirito straordinariamente affine. Per chi non conoscesse la materia spero uno sguardo diverso su una disciplina tanto meravigliosa quanto bistrattata, e lo spunto per guardare alla tavola periodica non come ad una mera collezione mnemonica di simboli e numeri, ma una chiave per capire come, grazie al lavoro di tanti chimici “un lembo del grande velo sia stato sollevato”.

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Attenti alle leggende sul nucleare? Già…

giovedì 16 luglio 2009 Posted by tfrab 0 comments

Oggi l’Unità pubblica un intervento di Vincenzo Balzani, “candidato al Nobel per la Chimica”. Il collega invita a non abboccare alle leggende sul nucleare: invito giustissimo, che mi permetto di rivolgere anzitutto a lui, se mai dovesse capitare da queste parti. Non voglio entrare nella solita polemica sull’uranio che finisce (semplicemente non è vero) o su Yucca Mountain (gli Stati Uniti in realtà un sito di stoccaggio geologico ce l’hanno già, anche se è solo un progetto pilota, e su Yucca Mountain ci sarebbe da discutere una settimana), vorrei soffermarmi sull’affermazione più incredibile dell’articolo:quella secondo la quale la centrale non si può più toccare per altri 50-100 anni. Indovinate cosa fanno gli operai nella foto?

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Stanno smantellando una centrale nucleare. Per l’esattezza l’impianto di Kahl, che ha cessato l’esercizio nel 1985, ed è stato smantellato nel 2004. Se non erro 2004-1985= 19, che è decisamente meno di 50-100 anni. O no? Tra l’altro, come descrive il documento dell’Ing Romanello, una buona parte del metallo e degli inerti è stata riciclata, in fonderia o come riempimento di sedi stradali, perché non contaminata. E già, caro collega, c’è proprio da fare attenzione, a credere a tutto quello che si dice sul nucleare si rischia di prendere una bella cantonata.

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La Vita sulla Terra – N Eldredge

lunedì 13 luglio 2009 Posted by tfrab 0 comments

eldredgeLa Vita sulla Terra”, di N. Eldredege, è un vademecum della biodiversità, pubblicato in Italia da Edizioni Codice, che sto leggendo durante le vacanze estive (a proposito, sulle Dolomiti sono totalmente d’accordo con l’Unesco). Il libro parte con una serie di saggi sulla biodiversità, che occupano le prime 115 pagine, per poi lasciar spazio ad una piccola enciclopedia della vita sulla terra. Nonostante la mole del saggio, che conta più di novecento pagine, il tutto risulta molto leggibile. Superati i primi capitoli la scelta migliore, secondo me, è di saltare qua e là, secondo il proprio istinto, magari trascinando la lettura del libro anche per diversi mesi. Alla fine il quadro che emerge è affascinante: la Terra è davvero un organismo vivente, con una complessità e una interdipendenza tra i suoi abitanti incredibile. Adesso credo di aver capito un po’ meglio cosa intendesse J Lovelock con l’idea di Gaia. Prendete ad esempio l’energia idroelettrica, molto sfruttata a tutte le latitudini: sembrerebbe una fonte energetica quanto mai pulita, alla fine si tratta solo di un mucchio d’acqua, no? Certo, qualche volta si sente parlare genericamente dei pesanti effetti sugli ecosistemi, ma per chi non è biologo (me incluso) la problematica rimane astratta. Eccovi un esempio molto concreto dei possibili “effetti indesiderati”:

[..]in Suriname l’allagamento di una densa foresta vergine dovuto alla costruzione di una diga ha causato la morte e la decomposizione di un gran numero di piante. La decomposizione produsse grandi quantità di idrogeno solforato, che avviluppò la regione, tanto che i lavoratori dovettero indossare maschere antigas fino alla decomposizione completa di tutti gli alberi. Come se ciò non bastasse, l’acqua si acidificò e corrose gli elementi metallici della diga. Il giacinto d’acqua, che era relativamente raro, iniziò a diffondersi sul lago a causa dei nutrienti rilasciati dalla decomposizione degli alberi, e la navigazione ne fu rallentata. Le piante galleggianti fornirono cibo, ossigeno e siti di deposizione delle uova agli agenti di due malattie devastanti, la malaria e la schistosomiasi. Le zanzare depongono le uova sulle piante, e i molluschi acquatici, che ospitano gli agenti della schistosomiasi, prosperano nell’acqua lenta. Infine, la vegetazione acquatica blocca i raggi solari, diminuisce i livelli di ossigeno nelle acqua profonde e uccide le piante necessarie ai pesci per la deposizione delle uova.

Più si va avanti e più la complessità del mondo si rivela: c’è da dubitare che ne verremo mai capo, ma d’altronde quello che noi uomini facciamo da tantissimo tempo è ψιλέω e σοψία.

L’Italia in affitto di Prezzolini

domenica 5 luglio 2009 Posted by tfrab 0 comments

italia_regioni

Visto e considerato che gli Italiani non riescono a mettersi d'accordo […] gli Stati d'Europa, riuniti in conferenza straordinaria, e con l'assistenza di una rappresentanza consultiva della Repubblica dei Soviet e della Cina, e sotto la presidenza simbolica del Segretario generale delle Nazioni Unite, fanno la seguente proposta agli Italiani:
visto e considerato l'ingegno artistico, il gusto pubblico, la prontezza nell'affrontare gli eventi e nel cambiare bandiera, la capacità di trasferirsi in altri paesi e di assumervi un'attiva e utile partecipazione, anzi emergervi;
l'Europa e gli stati aderenti e testimoni della validità della promessa fanno offerta agli Italiani di prendere in affitto il governo d'Italia nei limiti attuali da esso occupati, alle seguenti condizioni:
1) Gli Italiani saranno liberi di sviluppare le loro promettenti personalità e saranno trattati imparzialmente da governatori stranieri.
2) Il governo di ogni regione sarà retto da un governatore straniero, che non porterà seco né moglie, né figlie, né parenti femminili per timore che la ben nota abilità degli italiani nel sedurre le ragazze abbiano a crearvi dei principati permanenti e delle dinastie locali.

L'Italia sarà come segue divisa:
I) Il Piemonte sarà affittato dalla Francia, che adoprerà principalmente come suoi emissari e rappresentanti i cittadini della Valle d'Aosta.
II) Il porto di Genova, la costa ligure e la Corsica funzioneranno come una federazione mediterranea con l'unione alle isole Baleari sotto la protezione della Spagna.
III) La Lombardia sarà accettata come un cantone in preparazione, e sotto sorveglianza della Svizzera in attesa di essere ammesso, dopo cinquanta anni di esperimento e di condotta riconosciuta buona, alla parità con il Canton Ticino.
IV) Il Veneto formerà una provincia del rinnovato impero austro-ungarico con la monarchia degli Asburgo; Trieste diventerà porto franco dell'Europa.
V) La Romagna e l'Emilia, che, per la loro devozione al Comunismo, hanno dimostrato di essere mature per passare alla cogestione dei lavoratori coscienti, saranno riunite alla Jugoslavia, dove avranno un compito di reggimento socialista modello per le regioni slave. I Dalmati e gli Istriani saranno preferiti in tutti gli impieghi dei due paesi, e il nuovo Stato si chiamerà Libera Obbligata Comunità Italo-Slava Tommaseiana.
VI) La Toscana verrà connessa o annessa alla Catalogna e ai paesi baschi in una federazione modello degli anarchici; nella quale non vi saranno autorità di nessuna sorta, lasciando all'innata civiltà, gentilezza e umanità degli abitanti di quelle regioni di sviluppare le loro qualità naturali. Avrà in sottodominio temporaneo la Sardegna finché gli abitanti di questa non abbiano smesso il sequestro delle persone e abbiano imparato la favella italiana o la lingua basca (con scelta facoltativa).
VII) Le Marche, il Lazio e l'Abruzzo torneranno ad essere sotto l'augusta sopravvisione di Sua Santità il Papa, con elezioni libere dei parroci, abati e vescovi che assumeranno gli incarichi attualmente occupati da sindaci, questori, prefetti.
VIII) L'antico regno di Napoli sarà restituito a un membro della reale casa dei Borboni che dovrà vivere in Napoli e riconfermare la posizione di capitale a quella città, centro universitario, burocratico e teatrale della regione.
IX) La Sicilia, però, sarà separata dal regno di Napoli e affidata al signor Gheddafi in una unione personale con la Libia che potrà un giorno trasformarsi in regno. Una commissione di mafiosi di alto grado sarà incaricata della amministrazione.
X) La repubblica di San Marino sarà mantenuta nelle sue libertà, però con uno sbocco al mare Adriatico al fine di non dipendere dal governo della penisola, dai Sanmarinesi considerato come pericolo permanente.

(Giuseppe Prezzolini - Modeste proposte scritte per svago di mente, sfogo di sentimenti e tentativo di istruzione pubblica degli italiani)

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Semplicemente Liberale - A Martino

domenica 28 giugno 2009 Posted by tfrab 0 comments

CopertinaSemplicemente liberale è una raccolta di scritti e discorsi di Antonio Martino, pubblicata dalla liberilibri. Gli otto capitoli coprono diverse tematiche care ai liberali, provando a fornire una serie di risposte ai problemi politici più comuni. La tesi di fondo, espressa all’inizio del libro è che

Il vero liberale non difende la libertà di mercato per ragioni soltanto economiche. Anche se un sistema fondato sulle libere scelte individuali fosse meno efficiente di uno organizzato e diretto dall’alto, il liberale continuerebbe a preferire il libero mercato per ragioni di libertà enormemente più importanti di quelle connesse all’efficienza economica. Tuttavia, per nostra fortuna, il mercato non è soltanto più compatibile col rispetto delle libertà personali, è anche enormemente più efficiente di tutte le alternative fin qui tentate.

Il libro non scende mai davvero in profondità, rimanendo ad un livello più divulgativo: una sorta di liberismo for dummies, ottimo se siete digiuni di economia come il sottoscritto, ma un po’ esile per chi abbia dimestichezza con la materia. Molto gustoso il capitolo dedicato alle proposte più paradossali di Martino: quella di tassare i parlamentari in funzione del numero di votazioni, per scoraggiare il proliferare di leggi inutili o dannose, e l’altra relativa al sorteggio dei parlamentari come prevenzione del malaffare. Un suggerimento, quest’ultimo, in pieno stile einaudiano:

Amante del paradosso è colui il quale ricerca e scopre la verità esponendola in modo da irritare l’opinione comune, costringendola a riflettere e a vergognarsi di sé stessa e della supina inconsapevole accettazione di errori volgari.

Chiuso il libro è difficile non fermarsi a riflettere sulla distanza delle posizioni espresse dall’autore rispetto a quanto fatto in questi quindici anni di era Berlusconi. È indubbiamente difficile passare dall’elaborazione teorica alla pratica della politica, ma la distanza tra le idee di Martino e l’azione di governo di Tremonti è innegabile. Vien da pensare che il treno della rivoluzione liberale, se mai c’è stato, sia passato definitivamente, per l’incapacità del nostro primo ministro di scavalcare le difficoltà del presente con un’azione di più lungo respiro.

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Stefano “Pasteur” Montanari

martedì 16 giugno 2009 Posted by tfrab 0 comments

File:Louis Pasteur.jpgGreenreport ha pubblicato questo articolo di Stefano Montanari, parecchio polemico sulla ricerca di Federambiente riguardante nanopolveri ed inceneritori. L’autore è molto noto, in Italia, per le sue posizioni critiche sull’incenerimento rifiuti e sugli effetti delle nanoparticelle sulla salute umana. Il pezzo è, a mio parere, poco convincente. Tolti i soliti luoghi comuni sugli inceneritori e una critica tutt’altro che velata all’imparzialità dei ricercatori, di arrosto, diciamo così, ne rimane poco. L’unica critica argomentata mi è sembrata relativa alla formazione delle polveri, difficile da stimare correttamente perché le polveri si aggregano durante la loro diffusione in atmosfera.

Se vi date la pena di leggere il rapporto, o alcune delle slide pubblicate al convegno, i ricercatori hanno provato a misurare l’effetto, senza nascondere la difficoltà di stimare correttamente il dato. In una delle presentazioni, infatti, potete leggere:

La difficoltà della misura e l'importanza dei fenomeni che hanno luogo a valle dell'emissione rendono al momento velleitaria la redazione di inventari emissivi

Che mi pare una dichiarazione molto onesta, sia delle difficoltà incontrate, che dei limiti della propria ricerca.

Sarebbe forse più utile proporre un metodo alternativo, anche se non è facile, trattandosi di studi ancora pioneristici, e va dato atto allo stesso Montanari di aver fatto molto per spingere in questo senso. Eppure il trend degli inceneritori, in termini di formazione di polveri, è chiaramente migliore delle altre tipologie di combustione. Magari altre ricerche indipendenti dimostreranno il contrario, ma ad oggi i dati a disposizione sono questi, e non possiamo buttarli via solo perché non ci piacciono.

Ci sarebbe molto da dire anche sulla solita chiamata in causa del povero Lavoisier, eternamente citato per la celebre legge di conservazione. Certo, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Quando bruciamo un rifiuto non ci sono solo i metalli, citati nell’articolo, ma anche un mucchio di sostanze organiche, che sono la maggioranza del rifiuto. Montanari è troppo preparato per non sapere che moltissimi composti, più o meno pericolosi per l’ambiente, vengono distrutti dall’incenerimento, come pesticidi, farmaci ed idrocarburi. E anche quando si sceglie di bruciare rifiuti relativamente poco pericolosi, come la carta o la plastica, produciamo energia. Vi sembra poco? Beh, con questo giochino i tedeschi hanno pulito l’atmosfera da 3 tonnellate di arsenico e 5000 di particelle, nel solo 2008. Ovviamente il conto l’abbiamo pagato (anche) noi.

Vale la pena o no di bruciare rifiuti? Dipende, da tante condizioni, che andrebbero attentamente soppesate, in un confronto aperto e con la voglia di ascoltare le ragioni dell’altro. Invito fatto dallo stesso Montanari, quando chiama gli scienziati al dovere della modestia. Il fatto è che se poi uno scrive:

Non voglio entrare sulla qualità degli estensori del documento, nessuno dei quali ha la benché minima esperienza nel campo sanitario specifico e nessuno dei quali ha mai avuto la modestia di avvicinare l’occhio ad un microscopio elettronico per osservare ciò che avviene, di fatto, quando le polveri incrociano un tessuto biologico. Ricordo che a metà Ottocento Rudolph Virchow, per certi versi un gigante della Medicina, dava del cialtrone a Louis Pasteur (lui non medico) perché si trastullava con bizzarri esserini che comparivano sotto la lente del microscopio. Microscopio per il quale Virchow si faceva vanto di non aver mai toccato e microscopio da cui uscì la disciplina della batteriologia. Dunque, niente di nuovo sotto il sole.

viene quasi da pensare che lui stesso si stia paragonando a Pasteur (o sono io che ho interpretato male?). Non il massimo della modestia, ne converrete.

UPDATE (26.06.2009): qui la replica di Federambiente alle accuse di Montanari.

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NBA Finals 2009

domenica 31 maggio 2009 Posted by tfrab 0 comments

Il 4 giugno iniziano le finali NBA, con una favorita annunciatissima e una sfidante a sorpresa. Nella eastern conference, infatti, erano in molti a prevedere la vittoria di Boston o, dopo l’infortunio di Kevin Garnett, di Cleveland. Entrambe, però, hanno sorprendentemente fallito contro la squadra di Dwight Howard, migliorato in maniera impressionante rispetto a quell’Olimpiade dove aveva mostrato grossi limiti tecnici. La squadra di coach Van Gundy arriva in finale dopo aver espresso un gioco notevole, frutto dello stradominio fisico del loro centro e di un gruppo letale nel giocare di squadra.

Nella western conference, invece, i Lakers erano stra-pronosticati come sicuri finalisti, e hanno mantenuto le promesse, pur evidenziando un rendimento altalenante. Non sono sicuro se dipenda da un problema di continuità o, semplicemente, dall’aver avuto un cammino molto più difficile verso la finale. Di sicuro, quando la triple post offense ha girato a dovere, i losangelini hanno espresso un basket spettacolare: fosse solo una questione di talento non ci sarebbe bisogno neanche di giocare.

Si prospetta una bella finale: molti degli occhi saranno puntati sul duello tra Howard e Gasol, o su come Pietrus difenderà su Kobe Bryant. Il mio consiglio, però, è di dare un’occhiata sulle ali: Odom e Ariza contro Lewis e Turkoglu è la sfida che potrebbe decidere la finale.

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La scienza negata – E Bellone

sabato 30 maggio 2009 Posted by tfrab 0 comments

image La scienza negata, di Enrico Bellone, è un saggio che cerca di approfondire le origini dello storico ritardo, nell’ambito scientifico e tecnologico, del nostro paese, che pure vanta una tradizione di prim’ordine. Alcuni dei dati del disastro sono ormai molto noti: dalla spesa per ricerca e sviluppo particolarmente bassa, al numero esiguo di laureati e ricercatori, fino all’analfabetismo ormai esteso ad una larga fetta di popolazione.

Nella prima parte l’attenzione di Bellone si concentra soprattutto sulle cause politiche di questa situazione. L’inizio è datato 5 giugno 1894, quando l’allora Ministro dell’Istruzione, Guido Baccelli, sostenne la necessità di tagliare i fondi alle università per stimolare la ricerca, secondo il detto latino vexatio dat intellectum. Da lì è stato un susseguirsi di scelte miopi e sciagurate, concluse con la lottizzazione degli apparati di ricerca pubblica negli anni sessanta (e la conseguente assenza di meritocrazia, ndFAU). Da notare, secondo me, le parole di Giovanni Gentile, che nel 1923 sollecitava impulsi alla cosiddetta ricerca applicata: molto tempo dopo, in piena riforma Moratti, ancora si discettava di ricerca applicata e di base, segno che ottant’anni erano passati invano.

Nella seconda parte del libro l’autore prova a ripercorrere le basi del pensiero anti-scientifico che sembra costituire una forza importante nella società italiana. Il punto di partenza è l’Università di Gottinga, sede di dissapori tra il filosofo Husserl e alcuni scienziati, tra cui spiccava Max Born, che rinunciò, deluso, a seguire le lezioni dell’illustre filosofo. Secondo il futuro premio Nobel:

“Se la scienza significa qualche cosa non può certo servirsi della filosofia di Husserl”. Quest’ultima pretende, secondo Born, di giungere a una dimostrazione conclusiva sulla natura stessa della matematica, e di giungervi per mezzo “dell’introspezione, della contemplazione e dell’analisi verbale”. Il che costituisce “un atteggiamento inconciliabile con la scienza”:”Infatti chi ha raggiunto una simile dimostrazione diventa facilmente un fanatico, un credente mistico, non più avvicinabile con il ragionamento o la discussione”

Il resto dei capitoli scorre via, tra clamorosi equivoci sulla relatività ad opera di illustri sociologi e i soliti o tempora, o mores riservati alla tecnologia e alla scienza che disumanizzano.

Bellone, però, è ben consapevole di come una corrente di pensiero antiscientifica non basti a spiegare l’anomalia italiana:

Anche a Chartres o a Parigisi ebbe notizia di Chernobyl, ma i governi francesi non hanno smantellato le loro centrali elettronucleari. E in altre nazioni a noi vicine, come la Germania o l’Inghilterra, i proclami di un Adorno o di un Polkinghorne non sono certamente in grado di estinguere gli studi sulle cellule staminali.

Che cosa è andato storto allora in Italia? Probabilmente un fenomeno nato tra gli anni sessanta e settanta, che ha coinvolto intellettuali e politici in una “affrettata rimasticatura dei temi dell’antiscientismo” dell’inizio del novecento. Insomma, il grido “il ’68 ci ha strasfracellato i coglioni.” lanciato da Leonardo tempo fa è più che mai attuale. Stante l’impossibilità di schiodare questa generazione dalle poltrone per ancora molto tempo, possiamo solo sperare che la corsa verso il sottosviluppo non vada troppo veloce.

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Dove si discute di pirati ed inceneritori

giovedì 28 maggio 2009 Posted by tfrab 0 comments

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L’immagine di questo post è un grafico fatto da Bobby Henderson, per illustrare come il riscaldamento globale sia correlato alla diminuzione del numero di pirati. Che c’entra il global warming con gli emuli di Sandokan? Evidentemente nulla, l’autore cerca semplicemente di dimostrare come, senza un’indagine accurata, sia pericoloso lanciarsi in ipotesi di causa-effetto. Altri esempi li potete trovare in questo post di Amedeo Balbi: la correlazione tra Il prezzo del pesce nel mercato di Billingsgate e la lunghezza dei piedi in Cina la trovo intrigante :-)

Fatta questa premessa andate a leggere questo articolo de “Il Sole 24 ore”, sobriamente intitolato “Emissioni nocive oltre i limiti ad Acerra”. Sembrerebbe che l’inceneritore emetta polveri sottili in quantità oltre il lecito, ponendo in serio pericolo la salute degli abitanti di Acerra. I miei venticinque lettori, se sono stati attenti nelle scorse puntate, potrebbero rimanere sorpresi. Un po’ di tempo fa vi raccontavo di come, stando ad uno studio finanziato dall’Unione Europea nella zona di Forlì:

L’analisi chimica delle polveri fini raccolte in modo quantitativamente significativo nel sito di massima ricaduta delle emissioni provenienti dai due inceneritori di Coriano, non sono risultate più ricche di metalli pesanti o di altri pericolosi inquinanti organici rispetto a quanto campionato nel sito di minima ricaduta; ciò lascia supporre un ruolo trascurabile degli inceneritori nell’inquinamento complessivo da polveri all’interno dell’area industriale esaminata

E a conclusioni analoghe giungeva l’Arpa della Toscana:

Tutti gli studi diffusionali ed in modo particolare lo studio diffusionale della VIS (che ha comparato tute le diverse sorgenti inquinanti presenti sull’area della piana fiorentina) possono dimostrare che l’effetto di carico ambientale per tutti gli inquinanti gassosi e particellari è molto limitato fino a risultare trascurabile nel caso di aree antropizzate.

c’è poi uno studio di Federambiente e Politecnico di Milano che analizza le terribili nanopolveri, e anche lì di particolato se ne trova pochino, meno che nell’aria in entrata addirittura.

Che succede ad Acerra? Succede che, se andate a leggere i dati Arpac, quelli NON sono i valori delle emissioni dell’inceneritore, ma gli inquinanti misurati dalla centralina posizionata nella zona industriale, che quindi misura TUTTO: industrie, traffico veicolare, caldaie domestiche, etc, etc. E la correlazione che il nostro valente articolista lascia intendere? Mistero, fatto sta che l’Arpac oggi riporta, sul proprio sito:

Con riferimento alle notizie di stampa relative al superamento dei limiti di concentrazione media giornaliera di PM10, si ritiene opportuno precisare che i dati, registrati nel periodo marzo/maggio 2009 dalle tre centraline ARPAC dell’area acerrana, non si discostano da quelli misurati nel corso delle campagne di monitoraggio ex-ante della qualità dell’aria, effettuate negli anni 2006/2007 in ottemperanza alle prescrizioni della competente Commissione Ministeriale di Valutazione Impatto Ambientale.
Si rileva, altresì, che alcuni dei superamenti dei limiti di PM10, riscontrati nello stesso periodo marzo/maggio 2009 dalle centraline ARPAC, sono stati registrati anche durante i periodi di fermo dell’impianto di termovalorizzazione di Acerra.

 

Insomma, anche in questo caso l’inceneritore non produce effetti significativi, a meno che non riesca ad inquinare anche da spento…

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Inceneritori e nanopolveri

sabato 23 maggio 2009 Posted by tfrab 0 comments

Segnalo questo interessante studio, condotto da Federambiente e Politecnico di Milano, relativo alle emissioni di nanopolveri. Si tratta di un argomento abbastanza popolare, usato spesso per opporsi alla costruzione di centrali elettriche varie ed inceneritori. Mi permetto di evidenziare in particolare questo grafico:

 

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ricavato studiando le emissioni dell’inceneritore di Milano (nel documento ci sono anche Bologna e Brescia). A sinistra c’è la concentrazione di nanopolveri nell’aria, a destra il contributo dell’inceneritore. Le emissioni, nel caso studiato, sembrano trascurabili: l’aria in entrata è più sporca, dal punto di vista delle nanopolveri, rispetto a quella emessa dopo la combustione. Valori decisamente più elevati sono associati ad altre sorgenti di combustione, in particolare dall’incenerimento di pellett di legna e gasolio.

Insomma, a voler ragionare in maniera provocatoria, si potrebbe auspicare la costruzione di inceneritori allo scopo di ripulire l’aria dalle nanopolveri medesime. Tornando seri, speriamo che lo studio sia replicato indipendentemente, come la buona pratica scientifica richiede. Nel frattempo non sarebbe male se l’isteria collettiva in proposito calasse un po’.

La nascita dell’Impero Britannico

venerdì 8 maggio 2009 Posted by tfrab 0 comments

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Mi era capitato di pensare a quanto avrebbe potuto risultare interessante la lettura di un libro sul tardo Impero romano, scritto, poniamo, da un ex centurione che, rievocando tra sé e sé quella potenza negli ultimi giorni del suo splendore, si fosse prefisso di tracciarne un ritratto suggestivo concepito alla luce dell’oggi, esprimendo inoltre alcune delle proprie reazioni a quella storia e al suo significato. Un libro del genere ci offrirebbe, credo, una visione molto particolare, soggettiva naturalmente e sicuramente genuina, di quel periodo e forse illustrerebbe la sensibilità non solo di quel centurione, ma di tutta la generazione di romani coevi.

Mi ero dunque prefissata di scrivere qualcosa di simile riguardo al mio Impero, l’Impero degli inglesi, che era giunto a maturazione sotto la regina Vittoria e ora, a quasi quarant'anni dalla prima volta in cui l’ho battuto a macchina sulla carta (era prima dell’epoca die programmi di scrittura), vedo già la posterità che s’avanza. Si avvicina un nuovo millennio, ben presto una nuova fin de siècle renderà ambigue le mie allusioni: un mondo nuovo potrebbe rendere addirittura archeologicamente remoto l’Impero in cui sono cresciuta. Stando così le cose, questa rievocazione di eventi semidimenticati, di fedeltà ed entusiasmi potrebbe anche acquistare la rilevanza che avrei voluto in origine attribuirle. Non è semplicemente storia: è una storia vista e sentita e immaginata da qualcuno che ne ha vissuto fino in fondo gli ultimi anni.

(Jan Morris - Per volontà del cielo. 1837-1897)

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