Elogio della noia - Vittorio Sermonti

sabato 16 febbraio 2019 Posted by tfrab 0 comments
Prima di entrare nel merito tu mi consentirai, amico mio, un timido elogio della noia, di questo genere di noia che disorienta, che turba il flusso rassicurante dell'ascolto, che distrae – certo, che distrae! - e con la distrazione libera in ciascuno associazioni arbitrarie e divergenti, dilazionandolo propizia il soprassalto di un'attenzione inaspettata; è una salutare immersione nei propri ritmi segreti, la noia, nella solitudine inalienabile e preziosa che ogni uno condivide con ogni altro.Esistenze smorfiate dall’orrore per qualsiasi tipo e grado di noia, sempre all’erta, ingorgate di attività frenetiche, di interessi intensivi, di creatività ininterrotta di vacanze coatte, si ricusano alle avventure della discontinuità e ai rischi della conoscenza, chiudono le finestre sul mondo quando non si affacciano sullo stagno interno della depressione.Senza lasciarsi dondolare dalla noia di fare e rifare le scale nessuno caverà mai fuori da sé il pianista che potrebbe essere: è un piccolo distratto gesto di abnegazione a quelli che saremo, questa benedetta noia, e non c'è passione e radicale non c'è talento autentico che sul nascere non sia battezzato da lei.

(Dal commento al XV canto del Purgatorio)
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I partigièn - I partigiani

venerdì 25 aprile 2014 Posted by tfrab 0 comments

U n'è par véa dla glória
sa sém andè in muntagna
a fè la guèra.
Ad guèra a sémi stóff,
ad patria ènca.
Evémi bsògn ad déi:
lasés al mèni lébri,
i pi, i ócc, agli uréci;
lasés durméi te fén
s'una ragaza.
Par quèst avém sparè
a's sém fatt impiché
a sém andé e' mazèll
pianzénd te cór
e al labri ch'al treméva.
Mç ènca avsè a savémi
che a pèt d'un bòia d'un fascésta,
nèun a sémi zénta
e lòu dal mariuneèti.
E adès ch'a sém mórt
nu rumpéis i quaiéun
sal cerimóni,
pansé piutòst mi véiv
ch'i n'apa da pérd ènca lòu
la giovinèza.

(non per ragioni di gloria | andammo in montagna | a far la guerra | Di guerra eravamo stufi | di patria anche. | Avevamo bisogno di dire: | lasciateci dormire nel fienile | con una ragazza | Per questo abbiamo sparato | ci siamo fatti impiccare | siamo andati al macello | piangendo nel cuore | con le labbra tremanti | Ma anche così sapevamo | che di fronte ad un boia di fascista | noi eravamo persone | e loro marionette | E adesso che siamo morti | non rompeteci i coglioni | con le cerimonie | pensate piuttosto ai vivi | che non abbiano a perdere anche loro | la giovinezza.)

(Nino Pedretti - Al vòuṣi)
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Il Grande Gatsby, ovvero la morte del sogno

domenica 19 maggio 2013 Posted by tfrab 0 comments
Può darsi vi venga voglia di leggere "Il Grande Gatsby" in questi giorni, come è capitato a me. È probabilmente una buona idea: il romanzo non è lungo, e se andate a vedere il film appena uscito, probabilmente, lo apprezzerete di più. Se, di fronte alle innumerevoli traduzioni ed edizioni in commercio, avrete dei dubbi, mi sento di consigliarvi l'edizione Feltrinelli, curata da Franca Cavagnoli. Anzitutto perché è una traduzione ben fatta, e non soffre per l'età come altre di cinquant'anni fa. Poi per l'introduzione, che vi consiglio di leggere solo dopo aver finito il romanzo, per evitare spoiler. Di seguito l'inizio:

"Più che un personaggio reso memorabile dalla penna di Francis Scott Fitzgerald, Gatsby è un luogo – vasto, suggestivo, struggente. Il contorno vago di Gatsby, di cui il suo creatore era il primo a essere consapevole, si riempie a poco a poco nel corso della lettura della concretezza non solo di un uomo bensì di un universo intero: una natura umana molto fragile, il sentimento del tempo, un periodo ben preciso nella storia degli Stati Uniti. È un luogo dai confini sfumati che contiene il sogno di un uomo, forse il principale artefice dell’infrangersi di quello stesso sogno, incapace com’è di confrontarsi con il concetto di perdita: di un amore, di un sé divenuto ormai altro e soprattutto dell’Altro divenuto ancora più altro da sé. È uno spazio intriso di rimpianto, della impossibilità di rinunciare al proprio ideale di amore, di accogliere il passato nel presente, e nel contempo intriso del rovescio del rimpianto: un’illusione che si presenta sotto forma di attrazione magica e irresistibile. È un posto indefinito, impregnato di una specie pervicace di idealismo che porta chi ne è soggiogato a costruire da sé la propria infelicità, in cui regna l’angoscia del tempo che scorre – le parole legate al tempo nelle sue varie declinazioni ricorrono nel romanzo circa quattrocentocinquanta volte – e l’impotenza di fronte all’irreversibilità della Storia e delle storie piccole di ciascuno."

Questa immagine spiega, in maniera molto succinta, la trama del romanzo. NON APRITELA se non conoscete la trama
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La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande

sabato 18 maggio 2013 Posted by tfrab 0 comments

“The Signal and the Noise”, di Nate Silver, rappresenta una delle cose migliori mai lette sulla statistica, e sulla sua applicazione al mondo reale. Col passaggio da analogico a digitale l'informazione disponibile è letteralmente esplosa. Ogni giorno, nel mondo, vengono prodotti molti più dati di quanti il cervello umano sia in grado di gestire ed usare. il rischio, paradossale, è che proprio l'abbondanza di informazioni finisca per rendere le persone più ignoranti, per la difficoltà a discriminare il segnale che interessa in mezzo ad un rumore sempre più forte.

L'approccio suggerito da Silver è ispirato ad un celebre verso di Archiloco "la volpe sa molte cose, il riccio una sola grande". Le "volpi" teorizzate da silver sono prudenti, consapevoli dei limiti della conoscenza, disposte a vedere il mondo in tonalità di grigio piuttosto che in bianco e nero. Lo strumento matematico principale per ottenere dei buoni risultati è il teorema di Bayes, che viene citato a più riprese.
Si passa attraverso molti campi: predizione dei terremoti (c'è anche un capitolo dedicato a Giampaolo Giuliani), riscaldamento globale, attacchi terroristici, crisi economiche, illustrando le cause di clamorosi fallimenti ed evidenziandone le cause più profonde.
La conclusione?
“our bias is to think we are better at prediction than we really are. The first twelve years of the new millennium have been rough, with one unpredicted disaster after another. May we arise from the ashes of these beaten but not bowed, a little more modest about our forecasting abilities, and a little less likely to repeat our mistakes.”

C'è da sperare che abbia ragione, benché i precedenti non siano molto incoraggianti.
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Non c'è problema

sabato 2 febbraio 2013 Posted by tfrab 0 comments

Ciao Maestro, mi mancherai.
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Comò ’l scôre de un fiume in t’el mar grando

venerdì 4 gennaio 2013 Posted by tfrab 1 comments
[...]il canale scorre lieve, tranquillo e sicuro nel mare, non è più canale, limite, Regulation, bensì fluire che si apre e si abbandona alle acque e agli oceani di tutto il globo, e alle creature delle loro profondità. Fa’ che la morte mia, Signor – dice un verso di Marin – la sia comò ’l scôre de un fiume in t’el mar grando.
(Claudio Magris - Danubio)
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Apple e Borges

giovedì 20 settembre 2012 Posted by tfrab 0 comments
Lo svarione di Apple sulle nuove mappe mi ha fatto tornare in mente un celebre passo di JL Borges:

"In quell'Impero, l'Arte della Cartografia raggiunse tale Perfezione che la mappa di una sola Provincia occupava un'intera Città, e la mappa dell'Impero un'intera Provincia. Col tempo, queste Mappe Smisurate non soddisfecero più e i Collegi dei Cartografi crearono una Mappa dell'Impero che aveva la grandezza stessa dell'Impero e con esso coincideva esattamente. Meno Dedite allo Studio della Cartografia, le Generazioni Successive capirono che quella immensa Mappa era Inutile e non senza Empietà l'abbandonarono alle Inclemenze del Sole e degli Inverni. Nei deserti dell'Ovest restano ancora lacere Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendicanti; nell'intero Paese non vi sono altre reliquie delle Discipline Geografiche."

Chissà come se la ride da lassù :-)




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