La realtà e i simboli

sabato 29 agosto 2009 Posted by tfrab

CopertinaLa letteratura è un gioco di tacite convenzioni: infrangerle in modo parziale o totale è una delle molte gioie (e dei molti doveri) di questo gioco di limiti ignorati. Ecco un esempio: ogni libro è un’opera ideale, però spesso ci piace che il suo autore, per qualche riga, lo confonda con la realtà, con l’universo. Ci piace che i protagonisti della seconda parte del Don Chisciotte abbiano letto la prima, proprio come noi. Ci piace che Enea, vagabondando per le strade di Cartagine, veda scolpita sul frontespizio di un tempio la guerra di Troia, e tra le tante immagini dolorose vi trovi anche la sua. Ci piace che nella notte seicentodue delle Mille e una notte la regina Sheherazade racconti la storia che serve da prefazione alle altre, col rischio di arrivare in questo modo alla notte in cui la racconta, e così via all’infinito. Ci piacerebbe che nel risibile catalogo della biblioteca visitata da Pantagruel figurasse lo stesso Pantagruel. Ci piace che i protagonisti dell’Amleto assistano come noi a una tragedia che ha per argomento l’avvelenamento di un re. Ci piace che l’autore del Sartor Resartus finga che questo libro esiste già, e che il volume da lui pubblicato sia una minima parte dell’originale. (Questa e altre finzioni di Carlyle sono verità simboliche: ogni scrittore è un lettore, un compilatore, un interprete.)

[…]

Scrivo questo prologo nel 1944, in una città sudamericana: oggi, qui, le realtà che oppressero lo sventurato Carlyle sono meno reali dei simboli che questi evocò per designarle. Nessuno ha sentito con altrettanta intensità che questo mondo è irreale (irreale come gli incubi e disumano).

(JL Borges –dall’introduzione al Sartor Resartus)

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